Milano. I giornali italiani hanno salutato con sollievo e grande soddisfazione la presentazione del Rapporto sull’Iraq elaborato dai 10 saggi della Commissione Baker. A leggerli pare che finalmente si sia trovata la soluzione al caos mediorientale creato da George W. Bush e dalla sua gang di intellettuali fanatici e guerrafondai. I giornali americani, invece, hanno spiegato altro, praticamente l’opposto, preferendo alla propaganda l’analisi della probabile inefficacia di queste proposte.
Le news analysis e le military analysis del New York Times e gli editoriali del Los Angeles Times e del Washington Post – per restare ai quotidiani contrari all’invasione in Iraq e ferocemente anti Bush – sono molto pessimiste sulla possibilità che il Rapporto Baker possa avere effetti concreti. Ieri, sulla prima pagina del New York Times, c’erano due analisi. Una spiegava che difficilmente la Casa Bianca recepirà le proposte di Baker, un po’ perché considerate inaccettabili da Bush, un po’ – come ha detto il deputato democratico più duro sulla gestione della guerra, John Murtha – perché nel rapporto Baker non ci sono suggerimenti “diversi dall’attuale politica” di Bush. Il secondo articolo del Times è un’attenta analisi militare dei suggerimenti della Commissione. Già dal titolo si capisce che le proposte di Baker non potranno funzionare “sul campo di battaglia”, in quanto “fondate più sulla speranza che sulla storia”. Il Times, peraltro, svela che le raccomandazioni militari della Commissione Baker “vanno contro le valutazioni fatte da alcuni dei suoi stessi consiglieri militari”, quindi almeno su questo punto non c’è stata unanimità di consensi. Sono, infatti, citati gli esperti militari della Commissione che giudicano “completamente impraticabili” le proposte finali. Alcune delle idee contenute nel rapporto, dice uno dei consiglieri di Baker, “sono prive di alcun senso, una ricetta per un’umiliazione nazionale”. Conclude il New York Times: “Alla fine, il compito non è realizzabile”, perché il Rapporto “contiene tutti gli ingredienti di un classico compromesso di Washington. Ciò che è meno evidente è la strategia militare dettagliata ed efficace che possa funzionare in Iraq”.
I due editoriali del Los Angeles Times sono altrettanto scettici. Il primo parla di “wishful thinking”, di pio desiderio: “Magari non metterà fine alla violenza settaria in Iraq, ma per almeno un giorno l’Iraq Study Group ha messo fine ai litigi settari a Washington”. Secondo il quotidiano liberal di Los Angeles, “vale la pena convincere Iran e Siria ad aiutare a stabilizzare l’Iraq, però non è chiaro per quale motivo Siria e Iran dovrebbero farlo”. Il secondo inizia così: “E’ facile prendersi gioco dell’Iraq Study Group, in molti modi rappresenta la tipica caratteristica di Washington di presentare le cose ovvie come se fossero profonde”.
L’editoriale del Washington Post comincia così: “Il Rapporto dell’Iraq Study Group elabora una strategia militare per l’Iraq che è stata già adottata in ampia misura dal governo iracheno e dai comandi militari americani, se non esplicitamente anche dal Presidente Bush”. La rivista Slate, di proprietà del Washington Post, ha pubblicato un editoriale dal titolo: “Abbiamo aspettato tutto questo tempo per così poco?”. Il magazine liberal The New Republic spiega che le soluzioni di Baker “non sono soddisfacenti” e in un editoriale denuncia che il Rapporto contiene “molte soluzioni, ma poche risposte”. A destra i commenti sono molto più duri. Uno per tutti: l’accusa di “codardia” e di “resa” sulla copertina del New York Post.
Prima di Natale, la nuova strategia
Prima di Natale, Bush presenterà la nuova strategia sull’Iraq, ma solo dopo che avrà ricevuto i rapporti del Pentagono e del Dipartimento di stato, più importanti di quello preparato da Baker. Rudy Giuliani e John McCain hanno definito “utili” le raccomandazioni di Baker, ma “sbagliate” le ipotesi di abbandonare l’Iraq (Giuliani era membro della Commissione, poi l’ha lasciata quando s’è accorto dove sarebbe andata a parare). Il senatore indipendente Joe Lieberman ha criticato l’idea di coinvolgere Iran e Siria, i due paesi – come hanno ribadito ieri Bush e Blair in una conferenza stampa a Washington – che sono una delle cause del caos iracheno.
L’editoriale del New York Times è il più favorevole a Baker, ma pur sempre freddino con le conclusioni del Rapporto – “ci sono troppi ‘potrebbe’ e ‘dovrebbe’”. Punta, però, sul fatto che i suggerimenti di Baker costituiscono una “copertura politica” all’auspicato cambio della strategia della Casa Bianca. Bush e Blair ne sono consapevoli, tanto che ieri – pur mantenendo le distanze dal merito delle proposte di Baker – hanno assicurato che prenderanno in considerazione i suoi suggerimenti pratici. Ma – ha spiegato Blair – ricordandosi che la “vision strategica rimane quella di sempre, perché l’unica via realistica è quella democratica e della diffusione della libertà”.
8 Dicembre 2006