Milano. La tesi è fortina, anche qualcosa di più. Dinesh D’Souza, ex enfant prodige del conservatorismo reaganiano, indiano di nascita diventato americano al cento per cento, ha scritto un libro, “The Enemy at Home – The Cultural Left and its responsibility for 9/11”, che certo non passa inosservato, esattamente come i suoi precedenti contro l’illiberalismo del politicamente corretto nelle università e contro il multiculturalismo. La tesi di “The Enemy at Home”, spiegata da D’Souza medesimo, è questa: “La cultura di sinistra è responsabile di aver causato l’11 settembre”. Ovviamente non pensa che la sinistra americana abbia fatto saltare in aria le due torri e il Pentagono, piuttosto sostiene che l’egemonia culturale della sinistra e dei suoi alleati al Congresso, nel mondo dei media, a Hollywood e nelle università siano “la causa principale del vulcano di odio verso l’America proveniente dal mondo islamico”. La sinistra è da ritenere responsabile per l’11 settembre per due motivi. Il primo è che “ha favorito una cultura americana decadente e depravata che irrita e provoca altre società, in special modo quelle tradizionali e quelle religiose”, mentre la seconda colpa è di “aver promosso in patria e all’estero un atteggiamento antiamericano che accusa l’America di tutti i problemi del mondo”.
D’Souza ne ha anche per la destra, per gli isolazionisti alla Pat Buchanan, per i libertari e per quei “miti liberali” – come “la separazione tra stato e chiesa, il femminismo e l’idea della donna lavoratrice” – che George Bush sta provando a esportare in medio oriente. “In questo modo – ha scritto D’Souza – i musulmani tradizionalisti si allontanano ancora di più e vengono spinti verso il campo fondamentalista. Sicché i liberal hanno ragione, in un certo senso, a dire che la politica americana sta creando più terroristi, ma non per i motivi che pensano loro”. D’Souza critica anche la destra religiosa, alla Jerry Falwell, il reverendo che all’indomani dell’11 settembre disse che New York era stata colpita per i suoi peccati di città del vizio. La tesi di D’Souza, infatti, non è di tipo religioso. E’ convinto, tra l’altro, che non ci sia uno scontro di civiltà nel mondo odierno, ma che ce ne siano due, uno tra i valori liberal e conservatori all’interno degli Stati Uniti e l’altro tra l’Islam radicale e quello tradizionalista all’interno del mondo islamico. “Consapevoli o no – spiega D’Souza – i conservatori americani stanno combattendo una guerra su due fronti. Il primo è una guerra contro il radicalismo islamico. Il secondo è una battaglia politica contro la sinistra e la sua dannosa influenza politica e morale in America e nel mondo”. La sua conclusione è che non si possa vincere la prima guerra senza vincere anche la seconda, che non si possa sconfiggere il radicalismo islamico senza prima “sconfiggere il nemico in casa”.
La coalizione dei principi morali
Secondo D’Souza – resident fellow alla Hoover Institution di Stanford – ci siamo convinti che esistano due guerre distinte e separate, una contro il terrorismo e un’altra di tipo culturale sui temi etici e tradizionali. In realtà questi due conflitti sono uno solo e i conservatori dovranno prendere atto che la sinistra ormai è alleata degli islamici radicali nella battaglia contro Bush. L’accusa di D’Souza alla sinistra culturale, e ai suoi alleati di destra, è durissima e articolata ma in questa categoria D’Souza non fa rientrare tutto il Partito democratico o tutti i liberal o tutti i libertari, soltanto coloro che credono sia realmente un “progresso morale” la grande rivoluzione sociale degli ultimi decenni che riconosce e approva socialmente “l’aborto, la disgregazione della famiglia e la promozione dell’omosessualità come un normale modello di vita”. I liberal, secondo D’Souza, su questi punti hanno vinto la guerra culturale, tanto che non si può nemmeno osare criticare queste tendenze. Le società tradizionaliste, in America come altrove, secondo D’Souza considerano questi nuovi codici morali “nient’altro che una vergognosa promozione della depravazione”. D’Souza propone, in alternativa, “una coalizione internazionale tra persone che sono d’accordo su alcuni principi morali per evitare che questi falsi ‘diritti’ vengano imposti in culture che non li vogliono”. Ci odiano per questo, dice D’Souza, diverso sarebbe se il mondo islamico avesse la percezione di “quell’America che non si vede in tv, quella dove la gente lavora, cura la famiglia, crede nei valori tradizionali e va in chiesa. Non ci odiano per la nostra libertà, ma per ciò che facciamo della nostra libertà. La persona che li terrorizza di più non è John Locke, è Hillary Clinton”.
26 Gennaio 2007