Milano. James Baker sostiene il piano Bush sull’Iraq. A sorpresa, durante un’audizione della commissione Esteri del Senato organizzata dal senatore Joe Biden (ieri ufficialmente in corsa per la Casa Bianca 2008), l’autore del rapporto bipartisan Baker/Hamilton ha detto ai senatori democratici che bisognerebbe concedere al nuovo piano militare del presidente una possibilità di successo: “Just give it a chance”. Baker, inoltre, ha fatto notare l’incongruenza di un Senato che da un lato conferma la nomina a capo delle operazioni militari in Iraq del generale David Petraeus, cioè del grande sostenitore dell’aumento delle truppe a Baghdad, e dall’altro si appresta a contestare il piano che quel generale propone. Anche il collega democratico Lee Hamilton, pur non appoggiando direttamente il piano Bush, ricorda che il loro rapporto suggeriva, nel caso l’avessero chiesto i militari sul campo, un aumento temporaneo delle truppe americane per ristabilire la sicurezza a Baghdad.
L’inerzia politica, però, spinge sempre di più verso posizioni ritiriste, anche se difficilmente il Senato riuscirà a trovare un consenso, cioè 60 voti, su una delle cinque risoluzioni presentate. L’altra novità del giorno, infatti, è la presentazione da parte di Barack Obama di una proposta di legge, “Iraq War de-escalation Act of 2007”, con cui il senatore democratico propone di ritirare le truppe entro il 31 marzo 2008, paradossalmente per seguire i suggerimenti del Rapporto Baker. Obama, fino all’altro ieri, aveva pubblicamente considerato scellerata l’idea di fissare un termine preciso per il ritiro delle truppe, ma ieri ha proposto esattamente il contrario, spiegando che soltanto così, minacciando il ritiro, si può convincere il governo iracheno a rispettare i patti e a impegnarsi seriamente per ristabilire la sicurezza. In realtà, Obama è stato costretto a compiere questo passo perché minacciato dalle ultime mosse di Hillary, ormai critica feroce della guerra irachena e sostenitrice dell’idea di fissare un tetto al numero delle truppe impiegate in Iraq. Entrambi, Hillary e Obama, sono accusati dal candidato più di sinistra, John Edwards, di non impegnarsi a sufficienza per bloccare al Senato il nuovo piano di Bush.
Ci sta provando, invece, il presidente della commissione Giustizia al Senato, il democratico Patrick Leahy, facendo sfilare una serie di giuristi per spiegare, contro la tesi prevalente e quella della Casa Bianca, che il Congresso ha il potere di porre fine a una guerra. Leahy è riuscito a ottenere il sostegno di Arlen Specter, il capogruppo repubblicano in commissione. Specter è l’ultimo dei repubblicani ad aver criticato apertamente George W. Bush. Nei giorni scorsi anche l’ex governatore di New York, George Pataki, ha espresso la sua contrarietà al piano Bush, rafforzando l’asse conservatore per il ritiro capeggiato dal realista Chuck Hagel e composto dal candidato della destra religiosa Sam Brownback e da una decina di senatori con il seggio a rischio nel 2008. Al Senato circolano cinque risoluzioni, alla Camera qualcuna in meno. Il voto è previsto la settimana prossima. Due testi sono bipartisan, quello Biden-Hagel-Kennedy e quello Warner-Nelson. Il primo dice che l’aumento delle truppe è contrario all’interesse nazionale americano, il secondo non si spinge così in là. Entrambi sono mozioni non vincolanti e, inoltre, non hanno i numeri necessari, 60 voti, perché possano esprimere il “consenso” del Senato. La terza risoluzione è del democratico Russ Feingold, uno dei pochi ad aver votato contro la guerra in Iraq nel 2002. Il suo testo chiede di tagliare i fondi alle operazioni militari entro la fine dell’anno e sostiene la tesi che l’autorizzazione del 2002 non valga più perché motivata con la presenza di armi di sterminio che poi non si sono trovate. Gli alleati della Casa Bianca, però, non sono rimasti a guardare. I senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham, insieme col democratico Joe Lieberman, hanno preparato una risoluzione che definisce l’aumento delle truppe in Iraq l’ultima chance per ristabilire la sicurezza a Baghdad e impone agli iracheni una serie di paletti da rispettare. L’ultimo testo è del texano John Cornyn, favorevole al piano Bush. Se McCain trovasse 41 voti, la Casa Bianca eviterebbe la figuraccia.
1 Febbraio 2007