Camillo di Christian RoccaL'omissione dell'Onu

La carneficina di Srebrenica – la cittadina bosniaca ripulita etnicamente dei suoi abitanti musulmani dalle squadracce serbe guidate da Ratko Mladic e Radovan Karadzic – è stata definita ieri dalla Corte internazionale di giustizia delle Nazioni Unite come un “genocidio”. Ci sono voluti niente di meno che dodici anni, ma alla fine l’Onu ce l’ha fatta a chiamare col suo nome il massacro etnico-religioso di oltre settemila persone in pochi giorni. Le notizie positive si fermano qui. La Corte, infatti, ha esonerato il governo serbo da ogni responsabilità diretta nel genocidio bosniaco, non riuscendo a trovare il collegamento tra l’ex regime comunista di Belgrado e i vertici militari serbo-bosniaci. La Corte dell’Onu si è limitata ad accusare Belgrado di omissione, cioè di non aver impedito il genocidio. In realtà sono proprio le Nazioni Unite a essere colpevoli di omissione, se non peggio. Nel 1995 l’Onu non ha impedito, anzi forse ha facilitato, lo sterminio etnico, grazie al lasciapassare che il comando francese e le truppe olandesi diedero alle milizie di Mladic, in una città che era “zona protetta” delle Nazione Unite. Già prima, il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva imposto l’embargo alla vendita delle armi con conseguenze disastrose per le vittime. Gli aggressori, cioè i serbi, non subirono alcun danno da quella decisione, perché avevano a disposizione l’arsenale del vecchio esercito jugoslavo. I bosniaci musulmani, le vittime, senza armi già prima dell’embargo, non si sono potuti difendere. Grazie all’Onu.

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