Camillo di Christian RoccaLa gommalacca

Il mio spacciatore di apparecchi hi-fi mi ha raccontato che mai come questo Natale ha venduto tanti giradischi, in controtendenza rispetto alle mille luci degli mp3, degli iPod, delle Playlist e del libro di Luca Sofri dedicato alla fine ideologica della forma disco. Non so se sia una vera tendenza del 2007, certo è che farebbe bene al paese riscoprire il piacere tattile dei vecchi vinili, quella sensazione semi erotica di sfilare il disco di gommalacca nera dalla sua custodia col buco in centro. E poi di soppesarlo, tenendolo per i bordi, ma senza lasciare impronte, prima di adagiarlo sul piatto e di avviare il meccanismo che lo farà girare. Abbandonate, per un attimo, l’automaticità di iTunes e gettatevi su questi 5 elleppì. James Brown – Live at the Apollo (1962) Ora che il padrino del soul è morto, sfido chiunque a ritrovare in casa un suo disco. Nessuno ha in casa un disco di James Brown, a parte l’apparizione in The Blues Brothers. Ecco, questo è il disco che serve, forse il più grande live mai registrato. Crosby, Stills, Nash & Young – Déja vu Su un lato della copertina c’è la firma del mio compagno di basket Gianluca, a cui l’elleppì appartiene, fatti salvi i termini dell’usucapione. Ogni volta che lo apro mi sento un ladro, poi però mi passa quando Neil Young canta “Helpless” e mi ricordo di quel disco dei Genesis che nel 1990 ho prestato ad Andrea e Andrea non mi ha mai più restituito. Genesis – Selling England by the Pound “Can you tell me where my country lies” cantato da Peter Gabriel su vinile, non è la stessa cosa della sua più fredda versione digitale. E, poi, allegato al 33 giri ci sono le traduzioni italiane dei suoi testi gotici. Keith Jarrett – The Koln Concert Alle Messaggerie Musicali di Milano, ci sono soltanto 3 vinili. Uno è il più famoso concerto solistico di Jarrett, ancora gagliardo malgrado Bmw, Walter Veltroni e Nanni Moretti ne abbiano abusato in vari modi. The Rolling Stones – Goats Head Soup L’album giallo degli Stones, quello con Mick Jagger che pare indossare un velo femminile, è di mia madre e di mio padre. Basterebbe questo. In più la numero 5 è Angie. Aphrodite’s Child – 666 Solo un malato di mente può ascoltare un album degli Aphrodite’s Child, band prog-rock anglo-franco-ellenica. Il leader era Vangelis, al basso c’era Demis Roussos. A un certo punto c’è anche Irene Papas che per 5 minuti canta simulando un orgasmo.

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