Camillo di Christian RoccaRudy McRomney

New York. Rudy Giuliani, John McCain e Mitt Romney non sono i tre candidati del Partito repubblicano alla Casa Bianca. Sono il contendente unico, “Rudy McRomney”,  che però non piace alla destra americana, al nucleo washingtoniano del partito, ai conservatori sociali del sud e del midwest.
Giuliani non ha grandi frequentazioni nella capitale, McCain è noto per essere indipendente, Romney è un uomo d’affari. Ciascuno dei tre è quanto di più distante ci possa essere dal politico conservatore tradizionale. Giuliani è di New York, cattolico, a favore dell’aborto, dei diritti dei gay e del controllo delle armi. McCain è socialmente più conservatore di Giuliani, ma ha litigato spesso con l’ala evangelica del partito, ha votato contro uno dei tagli delle tasse bushiane ed è l’artefice della legge di riforma del finanziamento elettorale che, secondo l’ala libertaria e liberista del partito, equivale a una grave limitazione del diritto di parola. Romney è innanzitutto mormone e per questo considerato da gran parte della destra religiosa come se fosse il seguace di una pericolosa setta (la Pbs trasmette in questi giorni un documentario per spiegare davvero chi siano i mormoni). Fede religiosa a parte, Romney è il flip-flopper di questa tornata elettorale, il politico che cambia posizione a seconda della convenienza politica, come il democratico John Kerry nel 2004. Romney era a favore dell’aborto, ora è contrario. Lo stesso ribaltamento di posizioni sui diritti dei gay e sul porto d’armi, liberal quando si candidava nel Massachusetts, conservatrici ora che cerca voti nella base repubblicana. Gli altri candidati repubblicani sono o poco conosciuti e privi di esperienza internazionale, come l’ex governatore dell’Arkansas e del Wisconsin Mike Huckabee e Tommy Thompson, oppure troppo radicali per vincere un’elezione generale, come il social conservative Sam Brownback o il crociato anti immigrazione Tom Tancredo.
Malgrado i dubbi, specie della destra religiosa e paleoconservatrice, ciascuno dei tre front runner – Giuliani, McCain e Romney – ha anche un solido appeal per i repubblicani. Giuliani è l’eroe dell’11 settembre, il mastino anticorruzione degli anni reaganiani, il fustigatore della cultura lassista degli anni Sessanta e il sindaco che ha tagliato le tasse a New York. McCain è il più tosto sulla necessità di vincere in Iraq e l’ha ribadito anche ieri annunciando ufficialmente la sua candidatura e facendo trapelare critiche nei confronti di Giuliani. Romney ha fama di efficienza ed è stato eletto governatore in uno degli stati più di sinistra d’America. Tutti e tre, al contrario degli altri possibili candidati, hanno buone possibilità di conquistare i voti degli indipendenti, proprio perché non hanno l’immagine di uomini di partito.
Romney, dei tre, è l’unico che cerca di farsi accettare dai conservatori sociali, promuovendo iniziative contro l’aborto e a favore del diritto a portare le armi, ma il risultato non è incoraggiante: è il primo nella raccolta dei fondi, anche se ha già speso metà del totale, ma è terzo se non quarto nei sondaggi. Giuliani e McCain, almeno pubblicamente, mantengono le loro posizioni e i sondaggi, per quello che valgono, sembrano premiare la loro genuinità.
I repubblicani, sia i dirigenti sia i militanti, si trovano quindi in questa stramba situazione di dover scegliere un candidato non ideale, un po’ come era successo ai democratici nel 2004 con Kerry. La situazione è abbastanza nuova per un partito che è solito affidarsi a un leader riconosciuto e consolidato. Questa, però, è la prima elezione in oltre cinquant’anni senza la presenza di un candidato che sia presidente o vicepresidente in carica. George W. Bush non si può candidare per il divieto costituzionale di servire oltre due mandati, il suo vice Dick Cheney tre anni fa ha annunciato che si sarebbe ritirato. Il candidato più qualificato alla successione di Bush sarebbe stato Jeb Bush, se solo avesse avuto un altro cognome. I vertici del partito hanno puntato sul senatore George Allen, il quale però è stato rovinosamente sconfitto alle elezioni di metà mandato dello scorso novembre. Ora, con la guerra in Iraq che va male e con la seria possibilità di perdere la Casa Bianca nel 2009, sono costretti a scegliere “Rudy McRomney”, anche se sperano fino all’ultimo che possa arrivare un cavaliere solitario che li salverà. “Non accadrà”, dice lo stratega dei sondaggi Frank Luntz. Altri, invece, scommettono che il cavaliere reaganiano stia per arrivare: l’attore ed ex senatore Fred Thompson, uno che piace alla base del partito e, come, “Rudy McRomney”, può conquistare i voti degli indipendenti.

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