Milano. Questa mattina, e domani, Daniele Capezzone non parlerà dalle consuete frequenze di Radio radicale ma da quelle di Radio 24, l’emittente all news di Confindustria. Il direttore della radio del Sole 24 Ore, Giancarlo Santalmassi, dopo aver letto sul Foglio la notizia del licenziamento di Capezzone dalla conduzione della rassegna stampa domenicale della radio pannelliana, ha offerto al presidente della Commissione attività produttive della Camera lo spazio di lettura dei quotidiani di sabato e di domenica. “Sono gesti che non si dimenticano”, dice Capezzone accettando la richiesta del Foglio di fare un bilancio politico, ma anche personale, dei suoi nove anni e mezzo accanto a Marco Pannella, di cui cinque trascorsi alla guida dei radicali italiani. Capezzone sta lavorando al lancio, mercoledì prossimo, del suo network politico, la sua nuova creatura “sarko-blairiana” di cui non si conosce ancora il nome ma che, svela il suo autore, promuoverà “la società della scelta” e proverà “ad allargare la sfera della decisione individuale e privata e a diminuire la sfera della decisione pubblica e collettiva”. L’iniziativa nasce da una consapevolezza politica, quella del dirigente radicale che non accetta l’idea che nel paese “la dimensione liberale e liberista debba necessariamente restare minoritaria”. Ieri mattina, dopo aver letto tre dichiarazioni stampa di altrettanti deputati radicali, a sostegno del suo allontanamento dalla radio, Capezzone ha scelto di non andare al Comitato nazionale del partito, preferendo inviare una lettera in cui segnalava i rischi di “intolleranza e settarismo” che pare vivano “perfino nel luogo, cioè la casa radicale, che più ha insegnato a tanti, non solo in Italia, a difendersi da quell’insidia”. La segretaria Rita Bernardini ieri ha aperto i lavori chiedendo senza giri di parole (e senza applausi del Comitato) le dimissioni di Capezzone da presidente della Commissione per frazionismo, assenteismo dall’aula di Montecitorio e per la strana imputazione di essere intervistato più di Pannella. “Per me sono stati mesi, settimane e ora giorni di grande riflessione – dice Capezzone – ma, come dicono gli inglesi, ‘life is larger than politics’, la vita è più grande della politica. Ecco, negli ultimi tempi, tra me e Marco sono accadute cose che hanno più a che fare con ‘the life’, con la vita, che con la politica”. Capezzone dice di non amare i melodrammi e prova a ragionare “con una freddezza di testa che, però, non è una freddezza di cuore”. Lo scontro, lo strappo, la rottura con Pannella non sono facili da superare e nemmeno da nascondere dietro l’analisi politica: “Sono emozionato, quasi commosso, se penso e rifletto a questi dieci anni della mia vita accanto a un gigante della Repubblica come Marco Pannella… Non voglio fare la vittima, non mi iscrivo al comitato delle vittime di Pannella, anche perché non ne esistono… Eppure non posso evitare di confrontare questi dieci anni con la situazione surreale di questi mesi in cui Pannella ha commissionato dossier contro di me per accusarmi di ogni disegno criminale possibile, credo in alleanza con Diabolik, Eva Kant, il leone della Metro Goldwyn Mayer e un paio di agenti della Cia”. Capezzone non si capacita, non riesce a capire l’ossessione pannelliana nei suoi confronti, non trova risposte possibili al cambio di atteggiamento di alcuni suoi ex compagni, “i caporali” e “i resistenti del 26, 27 e 28 aprile”, che “per cinque anni hanno approvato spesso all’unanimità 25 mozioni consecutive scritte dal mio computer, accompagnandole da grandi, anzi troppi, applausi”. A parziale conforto, dice, c’è il consenso di molti radicali: “Io resto radicale, non restituisco la tessera, ma sento il peso di questo momento”. (segue dalla prima pagina) Il punto, ora, è capire che cosa farà Capezzone da grande, a cominciare dall’appuntamento del 4 luglio. “Ho il senso dell’umorismo oltre al senso della grandezza di Pannella – dice il deputato radicale continuando il suo flusso inarrestabile di coscienza – quindi non parteciperò a nuove puntate di Casa Vianello… Marco mi può accusare con i suoi dossier anche del delitto di Cogne, mi può impedire di parlare a Radio radicale di un possibile percorso di riforma della società italiana, ma non conosco né risentimenti né rancori e resto convinto di aver fatto benissimo a digiunare 40 giorni per far rispettare la legge e consentire il suo ingresso al Senato… Credo anzi che se fossimo un paese normale, Pannella oggi sarebbe senatore a vita… Ora però occorre parlare di cose, strumenti, varchi, attrezzi e leadership politiche rinnovate… Non voglio uscire da un partito, voglio occuparmi del futuro”. Il flusso di coscienza capezzoniano è interrotto nel momento in cui gli si chiede se ha messo in conto l’ipotesi che a breve, arrivata a compimento l’esperienza radicale e con tutti i rischi della nuova iniziativa politica, potrebbe trovarsi nella situazione di doversi reinventare una vita: “Mi pongo obiettivi biennali o triennali – risponde – vorrei provare a superare la frontiera tra destra e sinistra, sostituendola con quella tra innovazione e conservazione e quindi a far pesare il piatto della bilancia della modernizzazione… per il resto, be’, life is larger than politics…”. Il network, dunque. Capezzone è parco di particolari. Svela soltanto che mercoledì presenterà alcuni punti, forse dieci, alcuni dei quali tradotti o da tradurre in altrettante proposte di legge, come quella sull’apertura di un’impresa in sette giorni, già approvata alla Camera e ora soggetta al mobbing parlamentare dei senatori comunisti. L’idea del network l’ha maturata nel tempo, dopo che si è accorto di una certa inadeguatezza degli attuali contenitori politici, compreso quello radicale. Capezzone cita una lunga pagina del Foglio in cui Adriano Sofri aveva invitato Pannella a essere amico del futuro, invece che resistente al futuro. Ricorda anche un articolo di Biagio De Giovanni sul Mattino in cui sottolineava che i radicali sono il sale della terra, ma che non riescono mai a essere la terra. Il dissenso con Pannella è su Romano Prodi: “Marco ha un animus rinunciatario e subalterno rispetto al governo Prodi, io invece sono rimasto affezionato a quello che dicevamo in campagna elettorale. La tesi di Marco è che da una parte c’è uno capace di tutto, Silvio Berlusconi, mentre dall’altra c’è uno buono a niente, cioè Prodi. E lo dice nel senso che bisogna andare in soccorso del buono a nulla… Ma altro che buono a nulla… in questi mesi Prodi è stato al centro di operazioni di potere e di una ragnatela di affari e interessi senza precedenti, dall’Alitalia alle Ferrovie dello stato, dalle fusioni bancarie alla Telecom”. Capezzone lamenta di essere stato lasciato solo a dire queste cose, sia dalla maggioranza sia dal suo partito. Così ora lancia il network: “Sarà un cantiere aperto e rivolto a tutti, singoli e gruppi… Sarà un percorso, getteremo una rete che sarà territoriale, tematica e telematica… Saremo volenterosi, ma non velleitari”. Capezzone non svela da chi sarà composto il network, “non soffrirò di solitudine”, dice. “Non tirerò per la giacchetta nessuno, provo a creare una cosa e poi a metterla a disposizione di chi vorrà usarla. Non mi permetterei mai di chiedere a professori come Francesco Giavazzi, Pietro Ichino o
Mario Monti di aderire al mio network, piuttosto è il mio network che aderisce a tante delle loro cose sul fronte del competere, del meritare, del trasformare… L’idea è di non limitarsi all’individuazione di alcuni temi, di non fermarsi ai titoli, ma di fornirne lo svolgimento. Ne potrebbe avere bisogno Walter Veltroni, il quale si è posto le domande giuste e comincia a rispondere in modo giusto, individuando i tic conservatori della sinistra. Ma se ne potrebbe servire anche Silvio Berlusconi, il quale gode di ottimi sondaggi soltanto per la prova devastante del governo Prodi, perché anche lui è stato deludente, fatta eccezione per la perla della legge Biagi”.
30 Giugno 2007