Camillo di Christian RoccaLa mamma dei cretini è sempre Knocked up

Si intitola “Knocked up”, “messa incinta”, la divertente commedia estiva che riempie i cinema americani e sta creando un caso che va oltre, pardon, lo “specifico filmico”. Il regista è Judd Apatow, un Muccino anticonformista e geniale che si è appena guadagnato la copertina dell’austero magazine del New York Times e la disistima ideologica di alcuni critici militanti. La storia del film è questa: una bella ventenne bionda, intelligente e in carriera va in discoteca per festeggiare il suo nuovo lavoro da conduttrice tv. Beve qualche birra di troppo e finisce a letto con un coetaneo bruttarello, inetto e sfaccendato. Fanno sesso. La mattina dopo non se ne ricordano nemmeno. Finisce lì, tra l’imbarazzo di lei e il rammarico di lui. Alcune settimane dopo, lei scopre di essere incinta. Con disagio contatta il nullafacente che convive con quattro amici che impiegano le giornate a giocare a ping pong, guardare film porno e a farsi come scimmie. Il resto del film ve lo immaginate: la bella & la bestia, l’inadeguatezza dei futuri genitori e la commedia dell’arte intorno alla nascita della bimba. C’è solo una cosa fuori posto, una cosa che ha mandato nel panico critici e intellettuali, pronti a denunciare il clima di paura che si respira a Hollywood e la minaccia teocratica sull’America: lei e lui, la bella & la bestia, non prendono nemmeno in considerazione l’ipotesi di abortire, malgrado in teoria non ci sia situazione più preclara, visto che lei è giovane e sta cominciando una nuova e fulminante carriera, mentre lui è uno sconosciuto con la maturità di un dodicenne. Qui arrivano i critici militanti, costretti a riconoscere la bravura e il talento del regista già autore di “40 anni vergine” (dove a essere preso in giro non è il protagonista illibato) ma scioccati dall’idea che Apatow non abbia fatto considerare alla ragazza incinta l’idea di abortire. Anthony Lane, sul New Yorker, scrive che “la maggior parte delle donne, immagino, non ci potrà credere e prenderà in giro” la decisione della protagonista. Secondo il New York Times, il film s’è discostato dalla vita reale, dove i due terzi delle gravidanze non volute finiscono in aborti. Dana Stevens, su Slate, è stupefatta della “non esistenza dell’aborto come opzione reale”. In realtà è anche peggio, perché c’è la madre, unico personaggio negativo del film, che prova a convincere la figlia ad abortire, anzi con linguaggio politicamente corretto a “occuparsi della cosa” (“take care of it”). La ventenne non fa un sermone anti aborto, semplicemente si prende la responsabilità della sua notte irresponsabile. Il suo dubbio non è se tenere o no il bambino, ma se tenere o no il padre. Dana Stevens non ci può credere e ha scritto che se sua figlia si trovasse nelle stesse condizioni “la incoraggerei almeno a considerare l’ipotesi di abortire”. Apatow fa di più: non solo la gravidanza cementa il rapporto dei due genitori e fa maturare il nullafacente, ma mostra anche che i timori per la carriera spesso sono infondati, visto che il network dove lavora la protagonista scopre che la gravidanza piace da matti ai telespettatori.

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