Camillo di Christian RoccaI 94 libri di Bush

New York. Lo stereotipo è che George W. Bush sia ignorante, se non totalmente scemo, oltre che dipendente in tutto e per tutto da suo padre, da Karl Rove, da Dick Cheney, dall’alcol o da Gesù Cristo. Non importa che, in realtà, sia l’unico presidente della storia degli Stati Uniti ad aver conseguito un master, non a Roccacannuccia, ma a Harvard e in Business Administration, dopo aver ottenuto peraltro una laurea in Storia a Yale. Bush lascia fare, ci gioca (ancora l’altro giorno, dopo aver incontrato Nicolas Sarkozy, ha ricordato ai giornalisti di non saper parlare francese e, per la verità, nemmeno tanto bene inglese) e ha sempre sfruttato a suo vantaggio la sottovalutazione degli avversari. Il New Yorker di questa settimana riconosce che tutte le dicerie sulla politica estera guidata da Cheney e quella interna da Rove non stanno in piedi, ma è stata una doppia intervista di Karl Rove, prima al Wall Street Journal e poi all’opinionista radiofonico Rush Limbaugh, a svelare un altro aspetto intellettuale dell’attuale presidente. I due, Bush e Rove, si sfidano da anni in una gara a chi legge più libri. E’ cominciato tutto per caso, ha raccontato Rove. Una domenica mattina prima del capodanno 2006, Bush chiese a Rove quali buone risoluzioni avesse per l’anno in arrivo. Rove ci pensò su un po’ e gli rispose che il suo obiettivo del 2006 sarebbe stato quello di leggere un libro a settimana, 52 libri in un anno. “Ottimo”, gli disse Bush, e la cosa sembrò finita lì. Il 2 o il 3 gennaio, ha raccontato nei giorni scorsi Rove, in attesa di una riunione con Cheney, Bush gli disse: “Io sono al secondo, e tu?”. Così è cominciata la gara. Rove è balzato subito in testa e alla fine del 2006 ha sconfitto Bush 110 libri a 94. “Lo sto distruggendo anche quest’anno, per il secondo anno di fila – ha detto Rove ai cronisti sull’Air Force One – anche se lui continua a usare questa scusa patetica che è il leader del mondo libero e che deve governarlo…”. Bush e Rove si sono dati delle regole per la sfida libraria, una “Mutually Assured Destruction”, come ai tempi del patto di deterrenza nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. “Quando l’anno scorso la gara è diventata troppo competitiva abbiamo cominciato a leggere i racconti di John D. MacDonald, che sono davvero deliziosi. Li leggevamo velocemente, divertendoci molto, ma poi abbiamo deciso che questo era ben oltre l’essere competitivi, così abbiamo limitato il numero di racconti e ci siamo rimessi a leggere cose più serie”. Dunque, Bush l’anno scorso ha letto 94 libri, 60 l’anno precedente. Sono biografie di presidenti (George Washington, Abramo Lincoln, Theodore Roosevelt, Alexander Hamilton), saggi storici (sullo zar Alessandro II, su Mao, sulla guerra civile, sull’inventore dell’atomica Robert Oppenheimer), sul sale (“Salt: A World History” del giornalista sessantottino e ferocemente anti Bush Mark Kurlansky), sulla poliomelite (“Polio: An American Story” di David M. Oshinsky), sull’influenza (“The Great Influenza: The Epic Story of the Deadliest Plague in History” di John M. Barry). E, ancora, trattati sul ruolo delle donne nel mondo islamico (“Nine Parts of Desire: The Hidden World of Islamic Women”), sul ruolo dell’America nel mondo (“Imperial Grunts: The American Military on the Ground” di Robert Kaplan), sull’anglosfera (“History of the English-Speaking Peoples Since 1900” di Andrew Roberts), sulla diffusione della democrazia (“The case for Democracy” di Natan Sharansky), sulla vicenda di un dissidente nordcoreano (“L’acquario di Pyongyang” di Kang Chol Hwan), ma anche romanzi di Tom Wolfe (“I’m Charlotte Simmons”) e di Albert Camus (“Lo straniero”), opere di William Shakespeare (“Macbeth” e “Amleto”) e storie di baseball (“Clemente: The Passion and Grace of Baseball’s Last Hero” e “The Big Bam: The Life and Times of Babe Ruth”). Sui blog di sinistra si moltiplicano i conteggi del numero di pagine, divisi per i giorni dell’anno, volti a dimostrare che è impossibile che si possano leggere tutti questi libri. Nessuno mette in dubbio che Rove li abbia letti, la diffidenza è sulle capacità di Bush. Commenta Rove: “Molti di quelli che lo criticano appartengono a una specie di élite, sono snob senza carattere che a uno come lui, una delle persone di migliori letture che io conosca, non sarebbero capaci di allacciare le scarpe… Non sopportano che sia una persona di buon senso, che sia Middle America”.

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