New York. In gergo calcistico si direbbe che “ha vinto, ma non convinto”. Mitt Romney, come previsto, è arrivato primo col 31,5 per cento dei voti allo Straw Poll dell’Iowa, le tradizionali elezioni non vincolanti organizzate dal partito repubblicano per raccogliere fondi a sei mesi dalla prima e reale apertura delle urne di metà gennaio. L’evento ha un suo inevitabile peso politico, perché l’Iowa è da sempre il primo stato dell’Unione americana a scegliere il candidato presidenziale. Romney punta parecchio sull’Iowa, così come sul New Hampshire, convinto che per lui – candidato meno conosciuto di Rudy Giuliani e di John McCain – la migliore strategia sia quella di vincere i primi due stati in modo da guadagnare popolarità e inerzia politica in occasione dell’apertura delle urne negli stati più grandi. Così, secondo il Washington Post, Romney avrebbe investito un paio di milioni di dollari per portare militanti e sostenitori ad Ames, dove sabato si è svolto lo Straw Poll, senza dimenticare la già corposa campagna di spot televisivi e la sua costante presenza nelle desolate contee dell’Iowa. Agli analisti il risultato di Romney non è sembrato del tutto convincente per una serie di ragioni. Intanto perché i tre principali avversari interni, Giuliani (finito ottavo), Fred Thompson (settimo) e McCain (penultimo) avevano da tempo scelto di non partecipare, poi perché gli elettori sono stati soltanto 14 mila, quasi diecimila in meno rispetto al 1999 quando vinse George W. Bush e, infine, perché l’ex governatore mormone del Massachusetts non sembra essere riuscito a convincere la gran parte degli elettori della destra religiosa. I loro voti sono andati, infatti, al secondo e al terzo classificato, Mike Huckabee e Sam Brownback, il cui risultato combinato (33 per cento) è superiore a quello di Romney. E’ probabile che nei prossimi giorni Brownback si ritiri, come hanno già fatto gli ex governatori della Virginia e del Wisconsin, James Gilmore e Tommy Thompson, lasciando campo libero a Huckabee, il vincitore morale della competizione in Iowa con un sorprendente 18 per cento ottenuto senza alcuna organizzazione sul campo e spendendo poche decine di migliaia di dollari (ma col sospetto di un aiutino da parte dei sostenitori di Giuliani). Huckabee è pressoché sconosciuto in America (“sì, come Clinton nel 1991”, obietta lui), ma in questi mesi di campagna elettorale è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante e a farsi apprezzare per le capacità oratorie e l’abilità di far divertire chi lo ascolta (“I like Mike”, Mike mi piace, è lo slogan della sua campagna, una citazione del celeberrimo “I like Ike” che negli anni Cinquanta portò fortuna a Dwight Eisenhower. Ex governatore dell’Arkansas, come Bill Clinton, nativo di Hope, come Bill Clinton, Mike Huckabee è il volto sorridente della destra religiosa americana. Ex ministro battista di una delle congregazioni più conservatrici, negli ultimi anni Huckabee ha perso 50 chili di peso e ha scritto un libro per promuovere una campagna nazionale di prevenzione e a favore delle buone abitudini alimentari, ora un punto centrale del suo programma politico. Almeno fino all’inizio di settembre, quando scenderà in campo Fred Thompson, Huckabee avrà tempo per provare a ripetere il miracolo compiuto da un precedente governatore dell’Arkansas. A Washington, intanto, c’è chi è disposto a scommettere che Huckabee sarà il candidato vicepresidente, specie se Rudy Giuliani riuscisse a vincere le primarie. Huckabee è tutto ciò che Giuliani non è: affabile, del sud, religioso e socialmente conservatore.
14 Agosto 2007