Ieri mattina abbiamo letto sui giornali italiani una serie di titoli a tutta pagina a proposito di una lettera che sette soldati americani in Iraq hanno scritto sulle op-ed pages del New York Times, le due pagine quotidiane di commenti e opinioni che rappresentano l’enclave più radical chic del mondo giornalistico liberal americano. L’opinione dei sette soldati, ben sintetizzata dai giubilanti titoloni dei giornali italiani, era del tipo “in Iraq abbiamo fallito miseramente”. Non una gran novità, visto che i sette non sono né i primi né gli ultimi militari americani a pensarla così, ma pur sempre una notizia, anche se soltanto qualche giorno fa s’è scoperto che l’ultimissimo soldato americano ad aver denunciato orrori ed errori in Iraq in una serie di “diari da Baghdad” per la rivista The New Republic s’era inventato quasi tutto e si trovava in Kuwait. Ma il punto non è mettere in dubbio le intenzioni dei sette soldati né le cose che scrivono e raccontano. Anzi. Il punto è che sullo stesso numero del New York Times che ha ospitato l’interessante opinione dei sette soldati, esattamente sullo stesso numero, ma posizionato in modo molto più visibile, cioè sulla prima pagina, c’era una lunga inchiesta dal fronte, scritta da uno degli inviati del New York Times in Iraq, il cui titolo avrebbe dovuto colpire l’attenzione dei desk esteri dei nostri giornali, ammesso che nelle redazioni ci sia davvero interesse a capire che cosa stia succedendo in Iraq (a proposito: il generale David Petraeus riferirà ufficialmente al Congresso l’11 settembre, una data che non pare scelta a caso). Il titolo dell’articolo sulla prima pagina del New York Times, sfuggito agli stessi giornali italiani che hanno invece scovato al volo l’opinione dei sette soldati pubblicata nelle pagine interne, era questo: “La calma di Fallujah è considerata fragile, se gli americani se ne andranno”. Qui a fianco troverete il resoconto, ma già dal titolo scelto dal Times, cioè da un giornale mai tenero con Bush e con la missione in Iraq, si capisce che si tratta di una notiziona, “l’uomo che morde il cane” non l’ennesima cronaca di un “cane che morde l’uomo”. Il titolo e l’articolo raccontano che l’ex casamatta dei jihadisti, l’irriducibile Fallujah, ormai è una città pacificata, grazie alla sicurezza garantita dagli americani e, ancora più importante, grazie al fatto che gli sceicchi e le tribù sunnite un tempo il cuore della guerriglia si sono rivoltate contro al Qaida e ora collaborano con il nuovo esercito iracheno e con i marine. A Fallujah, ed ecco la seconda notizia, questa pace è considerata fragile, perché la popolazione teme che gli americani se ne possano andare. Chissenefrega. Peace & Love.
21 Agosto 2007