Accusare i blog per Grillo è come prendersela col concetto di autostrada soltanto perché Claudio Burlando trova più comodo imboccarle contromano
Che stronzate! Scusate se comincio così, ma scrivo questo articolo come voi-che-non-avete-idea-di-che-cosa-siano-i blog pensate siano scritti i blog. Stiamo calmini, eh. Il tema del dibattito, dunque, sarebbe questo: Beppe Grillo sbraita sul suo sito e i grillanti sono esseri orrendi, quindi i blogger sono dei ragazzetti brufolosi con occhi arrossati e senza vita sentimentale oppure dei trogloditi frustrati e forse anche impotenti. Sto forse negando che esistano esemplari di tale specie? No, per niente: se esistono nel mondo reale, ci sono anche in quello virtuale.
Voglio soltanto dire che accusare la blogosfera per i contenuti del sito di Beppe Grillo non è un semplice fare di tutta l’erba un fascio (espressione, nel caso di specie, scelta non a caso), ma è come prendersela con il concetto di autostrada soltanto perché Claudio Burlando trova più comodo imboccarla contromano. Il mezzo sarà anche il messaggio, come diceva quello, ma voi ve la prendereste con la Tim se un abbonato di Vercelli insultasse al cellulare l’ex fidanzata trasferitasi con l’amante a Busto Arsizio? Al tempo del popolo dei fax, era il popolo o il fax che faceva orrore? Ecco, il blog è una specie di telefono o di telefax che non squilla e non stampa. E’ lì, se vuoi alzi la cornetta o prendi il fax. Sennò, non disturba. Discutere di che cosa si dica solitamente al telefono o di cosa mediamente si scriva sui fax mi pare bizzarro. Volete davvero organizzare un coltissimo V-day contro il telefono e il telefax? Accomodatevi, ma secondo me confondete i blog con i forum, fenomeno che popolava la rete ben prima dell’avvento dei blog.
Altra obiezione, quella che mi pare la più stramba, malgrado provenga nientedimeno che dal Boston Globe, ancorché ripresa dall’Herald Tribune. Ecco, già questo. L’Herald Tribune riprendendo l’articolo di Steve Almond (Stefano Mandorla con la traduzione di Google) non ha fatto altro che la stessa operazione che la gran parte dei blogger compie quattro o cinque volte il giorno e che consiste nel riprendere, segnalare, proporre ai propri lettori un articolo comparso altrove. Questo fanno i blog di informazione. Mettono in circolazione notizie e articoli e video e musica non conosciuti, poco reperibili o altrimenti invisibili. Prendono un link dal Miami Herald o dal Chicago Tribune e lo segnalano a uno che sta ad Abbiategrasso. Punto. I blogger bravi non pretendono di fare i giornalisti (ammesso che non lo siano già), non cercano di fare scoop, non hanno bisogno di verificare nulla, perché le verifiche sono state già fatte, sort of, da quelli con il tesserino corporativo vidimato da Ciccio Abruzzo. E s controllano, può anche capitare che forniscano un servizio, costringendo i giornalisti cartacei a spararle meno grosse.
Ancora. Non c’entra un fico secco “la gerarchizzazione delle informazioni” che manca sui blog. Credete che i blog siano Il Riformista? I blog sono tematici, la gerarchizzazione è nella loro ragione sociale. Ok, ci sono anche parecchi blogger che prima di andare a nanna pretendono di essere grandi autori. Ma, dico, avete letto i diari americani di Claudio Magris, dico Claudio Magris, sulle pagine culturali, dico pagine culturali, del Corriere della Sera, dico Corriere della Sera? Tra i blog che frequento io, nessuno li avrebbe mai pubblicati.
Quello del giornalista è un mestiere più facile del blogger. Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare, diceva quell’altro. Ma fare il blogger non si può dire che sia sempre, proprio ogni notte, meglio che dormire. Oggi in America i più grandi giornalisti hanno un blog, un blog vero, e sono pagati per scriverci. Una cosa che da sola chiude la discussione su rispettabilità & professionalità, ma anche sull’unica critica sensata che abbia mai sentito sulla blogosfera, quella che qualche anno fa, credo ispirata da Giampiero Mughini, fece Guia Soncini: ma chi ve lo fa fare di scrivere gratis?
I grandi quotidiani, settimanali e mensili d’America ospitano decine di autorevolissimi blog (il New York Times 33, l’austero New Yorker una mezza dozzina), fonti strepitose di notizie e informazioni. Nessuno di questi blog è simile a quelli dei giornali nostrani, tristi luoghi dove l’inviato di grido un giorno sì e tre no stancamente scrive quattro o cinque righe di pensierucci personali. Per chiudere: se avessi scritto questo articolo su un blog, anziché sulla carta, avrei fornito i link a conforto della mia tesi. La considero una prova della superiorità mediatica dei blog.
Christian Rocca