New York. Ora è ufficiale, Fred Dalton Thompson si è candidato alla Casa Bianca 2008 per il Partito repubblicano. I suoi slogan sono “sicurezza, unità e prosperità”. Il suo appeal è quello del vecchio conservatore del sud, moderato, rispettabile e nostalgico degli anni di Ronald Reagan. Lo spazio politico che occupa è enorme, perché si rivolge a quella maggioranza di repubblicani non soddisfatta dai candidati di partito, perché infastidita dalle posizioni liberal di Rudy Giuliani sulle questioni etiche e perché non si fida di Mitt Romney.
Ex avvocato, ex senatore, ex lobbysta ed ex attore della serie tv Law & Order, e di vari altri film, Fred Thompson ha annunciato la sua decisione di correre per la presidenza degli Stati Uniti mercoledì sera, ospite dello show di Jay Leno, pochi minuti dopo la fine del dibattito presidenziale tra i candidati del Partito repubblicano. Al confronto in New Hampshire Thompson non c’era, ma s’è parlato di lui fin dal primo minuto. John McCain ha detto che forse non c’era “perché per lui è l’ora della nanna”, scherzando sull’accusa più ricorrente nei confronti di Thompson, quella di essere “pigro”. Romney s’è chiesto “perché tutta questa fretta, perché non s’è preso un po’ più di tempo”, sottolineando l’altro grande dubbio degli esperti, quello secondo cui Thompson è sceso in campo troppo tardi, quando gli altri hanno già le casse piene e la macchina organizzativa ben oliata. Giuliani ha provato a trarne beneficio: “E’ stato davvero bravo a interpretare il mio ruolo in Law & Order”. Chi non ci scherza è un democratico, Terry McAuliffe, mastino clintoniano ed ex presidente del partito. McAuliffe, anzi, è “agitato” per la presenza di Thompson, anche perché in passato ha già imparato “a non sottovalutare mai un attore di film di serie B”.
La pre campagna di Thompson ha stentato nella raccolta fondi e non è ancora riuscita a trovare un assetto definitivo nella squadra di consiglieri. I sondaggi, invece, vanno più che bene, specie se si considera che di fatto non ha ancora speso un dollaro. Su scala nazionale Thompson è costantemente al secondo posto, dietro Giuliani, anche se in Iowa e in New Hampshire è terzo o quarto.
E’ probabile che la sua discesa in campo danneggi Romney e favorisca Giuliani, perché Thompson si presenta come l’unico vero e tradizionale conservatore del gruppo, il ruolo che in questi mesi ha provato a ritagliarsi Romney. Thompson non è liberal su aborto, gay, armi e immigrazione, come Giuliani. Non è uno che cambia idea in base alle convenienze politiche, come Romney. Non è un personaggio incontrollabile, come John McCain. Non è nemmeno un fondamentalista, come Mike Huckabee e Sam Brownback. Thompson, insomma, si presenta come il candidato del conservatorismo di buonsenso, della difesa della Costituzione, del federalismo, del taglio delle tasse, della difesa dei confini e della sicurezza americana. I suoi critici ricordano però che anche lui in passato è stato ambiguo su aborto e gay e non dimenticano il sostegno alla legge McCain sulla limitazione dei finanziamenti elettorali, che secondo l’ala libertaria del partito è una violazione della libertà di parola.
In un certo senso, Thompson è il Barack Obama dei repubblicani, perché come il senatore nero dell’Illinois punta su ciò che la sua candidatura rappresenta, più che sulle sue posizioni politiche. Come Obama, Thompson è vago sulle ricette per il futuro dell’America, anche se per quelle c’è ancora tempo. Preferisce, invece, presentarsi come il candidato che ispira fiducia, moderazione e ottimismo sulle capacità intrinseche dell’America. Come Obama, Thompson propone di superare le divisioni partitiche e di cambiare il tono di Washington. A differenza di Obama, però, non gli manca l’esperienza politica (e nemmeno quella di lobbysta). Thompson è entrato nei tinelli degli americani già ai tempi del Watergate. Fu lui, durante l’inchiesta congressuale, a porre in diretta tv la domanda che chiuse l’era Nixon. Qualche settimana fa, il New York Times ha condotto un’indagine su quella esperienza, forse con la speranza di trovarci qualche suo passo falso, ma ne è uscito un ritratto di correttezza bipartisan e di indipendenza di giudizio. Da avvocato, Thompson ha fatto cadere il governatore corrotto del Tennessee, poi è stato eletto senatore due volte, con 20 punti di scarto in uno stato vinto da Clinton. Al Senato ha avuto un ruolo nell’inchiesta sul Sexgate, ma al momento del voto s’è distaccato dall’ala più oltranzista. Si è occupato molto di intelligence, anche dal suo ufficio all’American Enterprise Institute. George Bush gli ha affidato il compito di preparare il giudice supremo John Roberts all’audizione di conferma del Senato. Il coraggio politico non gli è mai mancato, tanto da aver guidato il team in difesa di Lewis Libby, il capo dello staff di Dick Cheney implicato nel Ciagate. Il Wall Street Journal ha definito il suo stile “populismo popolare”, ma teme che i buoni sentimenti non siano sufficienti. Ora che è in campo, ha scritto il Journal, Thompson dimostri di avere voglia, passione e capacità di presentare nuove e coraggiose idee di riforma.
7 Settembre 2007