D’accordo, la prima volta non è andata bene. Walter Veltroni s’è già appropriato dello slogan obamiano “yes, we can”, traducendolo sbrigativamente in “si può fare”. Ma al suo principale consigliere politico, Goffredo Bettini, forse converrebbe appropriarsi delle tecniche del guru americano di Barack Obama, il suo stratega elettorale, il suo Karl Rove. Si chiama David Axelrod ed è il personaggio che ha creato la nuova star globale del Partito democratico e, prima di lui, altri candidati afroamericani che piacciono ai bianchi. I giornali definiscono Axelrod “l’uomo che fa eleggere i neri”, visto che prima della straordinaria vittoria alle primarie del Partito democratico contro Hillary Clinton, il cinquantatreenne stratega e amico di Obama ha guidato le campagne elettorali del governatore del Massachusetts Deval Patrick, considerato il prototipo di Obama, e ha fatto eleggere i sindaci di Chicago, Detroit, Filadelfia, Houston, Cleveland, tutti afroamericani, carismatici, riformatori e agenti del cambiamento. Newyorchese trapiantato a Chicago, Axelrod è stato giornalista, caporedattore e prima firma del Chicago Tribune, poi s’è stufato di scrivere di politica e s’è messo a farla da consulente strategico.
Obama, come Veltroni, non è un buonista, nonostante l’immagine tutta farfalle nello stomaco che Axelrod è riuscito a creare e che fa vittime in tutto il mondo. A differenza di Veltroni, però, quando il gioco si fa duro, Obama picchia davvero. Il merito è di Axelrod, uno che s’è fatto le ossa da consulente del potente sindaco di Chicago, Richard Daley, in quell’ambientino mica male che è la dura, difficile e corrotta capitale del midwest. Nel 2004, per esempio, quando Obama ha sfidato alle primarie democratiche il favoritissimo miliardario Blair Hull, l’ex giornale di Axelrod (che combinazione!) ha raccontato i dettagli di un rocambolesco divorzio tra Hull e la moglie che a poco a poco si è trasformato in uno scandalo tale da distruggere la sua candidatura. Axelrod ci ha messo lo zampino, malgrado poco prima di firmare per Obama sia stato in trattative con Hull per guidare la sua campagna. Uno scandalo simile, sempre alimentato dalle dritte di Axelrod, ha tolto di mezzo l’avversario repubblicano di Obama, facendo così planare il giovane, brillante e ambizioso politico di Chicago al Senato di Washington. La ricetta di Axelrod è idealismo più cinismo. Bettini prenda nota: magari non sarà sufficiente a battere Silvio Berlusconi e, forse, nemmeno a sconfiggere John McCain, ma la cosa certa è che fin qui è servita a mettere a suo posto Hillary, la Max D’Alema di Obama.
Christian Rocca
1 Ottobre 2008