New York. Sconfitto, ammaccato, senza leader e con poche idee, il Partito repubblicano americano ha cominciato la sua lunga traversata del deserto obamiano. Lunedì, a Chicago, Barack Obama incontrerà il suo ex sfidante repubblicano John McCain per trovare un modo di lavorare insieme per il futuro del paese. L’idea del presidente eletto, presa in prestito da Abramo Lincoln, è quella di assemblare un “team of rivals”, una squadra di ex avversari, capace di affrontare al meglio e in modo unitario le sfide che l’America si trova di fronte. Ed è in questa logica che circola anche la voce di una possibile nomina di Hillary Clinton al Dipartimento di Stato.
I repubblicani hanno altri problemi. Tra due anni ci saranno le elezioni di metà mandato, la prima opportunità di rivincita sui democratici, ma l’attenzione è rivolta al twenty-twelve, al 2012, l’anno del prossimo voto presidenziale, se non addirittura al 2016, se la magia obamiana dovesse continuare. La difficile ricostruzione del partito che ha guidato la Casa Bianca negli ultimi otto anni si intreccia con il ripensamento delle basi ideali del movimento conservatore.
Gli intellettuali d’area si dividono tra riformatori e tradizionalisti, i primi pensano che sia giunta l’ora di aggiornare gli ormai desueti principi della rivoluzione reaganiana – taglio delle tasse, stato minimo, contenimento della spesa – gli altri spiegano che le sconfitte di questi anni siano dovute proprio al tradimento di quei punti fermi. Il punto di sintesi potrebbe essere un nuovo populismo economico, privo dei toni da guerra culturale nei confronti delle élite del paese.
A gennaio il partito sceglierà il presidente del Republican National Committee. In prima fila, tra i tanti candidati, ci sono Michael Steele, afroamericano del Maryland e commentatore di Fox News, il tecnologico Saul Anuzis del Michigan e il tradizionalista Katon Dawson. Alla Camera si è aperta la partita per la leadership. Uno dei possibili vincitori è Eric Cantor, quarantacinquenne deputato della Virginia, unico ebreo repubblicano alla Camera. Il Wall Street Journal, e non solo, invita invece a tenere d’occhio Paul Ryan, deputato trentottenne del Wisconsin, e la sua capacità di parlare a favore del mercato in modo moderno ed efficace anche in distretti elettorali a maggioranza democratica. Cantor e Ryan erano nella lista dei possibili vice di McCain, insieme con un paio di governatori che si sono riuniti a Miami per l’annuale riunione dell’Associazione dei governatori repubblicani.
A Miami c’è stato lo show di Sarah Palin, tra i mugugni degli altri partecipanti. La prescelta di McCain è ancora in campagna elettorale, anche se ufficiosamente, stavolta per il 2012. Palin non è amata dai vertici del partito ed è stata screditata dalla stampa nazionale, ma può contare su uno straordinario seguito tra i militanti, fondamentale per vincere le primarie. Politicamente abile e personalmente determinata, se vorrà tentare la carta presidenziale la governatrice dell’Alaska dovrà riuscire a dimostrare di essere pronta per la ribalta nazionale. Finora non c’è riuscita. Ben più preparati sembrano altri due governatori, entrambi presi in considerazione da McCain per la vicepresidenza: Tim Pawlenty e Bobby Jindal. Pawlenty è politicamente il più interessante. Eletto in uno stato iper democratico come il Minnesota, il quarantottenne Pawlenty è il rappresentante di una nuova generazione di politici repubblicani particolarmente attenti alle esigenze della classe lavoratrice, più che dei ricchi. La sua idea, inoltre, è che i conservatori debbano allargare la base elettorale e geografica, evitando di autorelegarsi al ruolo di partito del sud, evangelico e bianco. Sulla stessa linea c’è Bobby Jindal, trentasettenne governatore della Louisiana di origini indiane. Jindal è la risposta repubblicana al multiculturalismo di Obama e senza dubbio sarà uno dei futuri leader del partito. I più ottimisti sostengono che – tra Pawlenty, Jindal, Palin e il governatore della Florida Charlie Crist – alla riunione di Miami ci fosse il prossimo presidente degli Stati Uniti. Ma tra quattro anni, nel pieno dell’era obamiana, ci riproverà l’ex candidato presidenziale Mitt Romney, così come potrebbe farci un pensiero Newt Gingrich, l’anziano, ma brillante, ex speaker della Camera.
15 Novembre 2008