New York. A due giorni dalle elezioni presidenziali – con i sondaggi che continuano a minacciare una débâcle, tranne uno Zogby che dà addirittura John McCain avanti di un punto – il manager della campagna elettorale di John McCain ha scritto un memorandum dal titolo “The Final Push – The State of the Campaign” per spiegare che in queste ultime ore il suo candidato sta recuperando e che, al contrario di chi lo considera già sconfitto, ha buone possibilità di farcela, martedì notte. Il fronte Obama sostiene l’esatto contrario e ieri, a dimostrazione che il candidato democratico è competitivo ovunque, ha cominciato a comprare spot televisivi in stati tradizionalmente repubblicani, come il Nord Dakota, la Georgia e addirittura l’Arizona, lo stato di McCain.
Il manager del candidato repubblicano, Rick Davis, ha spiegato che un elettore su sette è ancora indeciso. Questo vuol dire che se martedì andranno alle urne 130 milioni di americani, come si crede, ce ne sono ancora 18 milioni e mezzo da convincere. McCain pensa di farcela perché finire alla grande, dopo che è stato dato per morto, è una sua antica caratteristica, ma anche perché i sondaggi cominciano a segnalare un avvicinamento dei due candidati. La settimana scorsa, ha scritto Davis, i sondaggi davano McCain indietro di dieci e rotti punti, a metà di questa settimana almeno quattro rilevazioni nazionali sono rientrate entro il margine di errore.
A livello statale, dove per McCain sarà più difficile recuperare il vantaggio di Obama, Davis sostiene che si nota un fenomeno simile, come dimostra l’improvvisa competitività dello Iowa, uno stato considerato da mesi nella colonna Obama e dove invece venerdì il candidato democratico è stato costretto a fare tappa. Poi ci sono gli stati del South West – Nevada, New Mexico e Colorado – che in questi mesi sono sembrati l’obiettivo più facile di Obama. In particolare in Colorado la gara si è fatta più serrata, sostiene la campagna McCain, che vede una ripresa repubblicana anche in Ohio e Pennsylvania, due stati che insieme fanno 41 grandi elettori. Qui McCain e la sua vice, Sarah Palin, ma anche Arnold Schwarzenegger e Rudy Giuliani, stanno concentrando i loro ultimi sforzi, puntando proprio sugli indecisi e su chi resta scettico nei confronti delle ricette fiscali di Obama.
In generale, sostiene il team McCain, Obama fatica a raggiungere quota 50 per cento anche nei sondaggi che lo segnalano in testa, ma si assesta sempre sul 45-48 per cento negli stati in bilico. Davis, inoltre, ricorda che alle primarie democratiche Obama ha spesso preso meno voti rispetto a quelli che gli assegnavano i sondaggi. Gli obamiani spiegano di avere un vantaggio strategico e demografico, grazie alla mobilitazione dei giovani e degli afroamericani che solitamente non votano. Ma le analisi di Davis su chi ha già votato (dove è consentito il voto anticipato o per posta) non mostrano un cambiamento della composizione dell’elettorato: “E’ gente che molto probabilmente avrebbe comunque votato, a prescindere dall’alto interesse suscitato da questa campagna”. Il team McCain sostiene inoltre che la mossa obamiana di spendere soldi nelle ultime ore di campagna in Nord Dakota, Georgia e Arizona è un segno di debolezza, un tentativo di allargare il campo di battaglia in extremis perché sono diventati a rischio alcuni stati considerati sicuri fino a pochi giorni fa.
Le ultime ore di McCain e Palin saranno di fuoco, spiega Davis. Lunedì i due candidati repubblicani toccheranno quattordici stati e nelle ultime 72 ore scatteranno le delicate operazioni di “get out the vote”, quelle per convincere la gente a recarsi alle urne. I repubblicani sono maestri di questa tecnica, al punto che Obama sta adottando il modello bushiano del 2004. Davis però sostiene che la sua organizzazione sta facendo meglio di Bush 2004 e, a sorpresa, ha svelato che nei rush finali McCain trasmetterà più spot tv di Obama.
2 Novembre 2008