Sono tornati, ammesso che fossero mai usciti di scena. I famigerati neocon, incubo e paranoia di ogni commentatore a corto di idee e alla ricerca di facili applausi, questa mattina lanciano in un albergo della capitale americana un nuovo think tank di politica estera, la Foreign Policy Initiative. Il nuovo centro studi è stato fondato da Bill Kristol, direttore del Weekly Standard, columnist del Washington Post e intellettuale chiave del mondo politico conservatore, e dal suo sodale Bob Kagan, saggista e stimato analista di questioni transatlantiche, a cominciare dal famoso saggio “Paradiso e potere” che all’indomani dell’11 settembre 2001 ha fatto discutere tutte le cancellerie occidentali. Con loro anche Dan Senor, giovane e brillante esperto di questioni mediorientali che si è fatto le ossa da portavoce della Coalizione provvisoria in Iraq dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. I tre fondatori di Foreign Policy Initiative saranno coadiuvati da tre giovani reduci dell’Amministrazione Bush, gente con esperienza al Consiglio di sicurezza nazionale, al dipartimento di stato e al Congresso.
Il giornalista e saggista di sinistra George Packer ha scritto sul suo blog ospitato dal New Yorker che anche questo nuovo centro studi ha le caratteristiche tipiche dei precedenti piccoli, ma influenti, think tank neoconservatori: fa arrabbiare la destra tradizionale e fiorisce durante l’Amministrazioni guidata da un neoeletto presidente del Partito democratico.
Il “Committee on the Present Danger” (Cpd), nato negli anni Cinquanta in ambienti democratici, si è trasformato negli anni di Jimmy Carter nel serbatoio di idee di politica estera per la successiva Amministrazione di Ronald Reagan, oltre che nell’alternativa ideologica all’imperialismo cooperativo caro a Carter e ai membri della Commissione trilaterale. Negli anni di Clinton, invece, è stato il “Project for a New American Century” (Pnac) fondato da Kristol e Kagan a organizzare la campagna bipartisan che poi ha convinto Bill Clinton a firmare la legge di liberazione dell’Iraq che mirava al cambiamento di regime a Baghdad. A leggere le firme poste in calce alle lettere preparate dal Pnac si sarebbe potuto individuare con largo anticipo la squadra di sicurezza nazionale dell’Amministrazione Bush, oltre che la strategia globale di intervento in medio oriente che l’America ha adottato dopo gli attacchi islamisti dell’11 settembre 2001.
La Foreign Policy Initiative, dunque, è il Cpd e il Pnac dell’era Obama, il gruppo di pressione strategico e intellettuale di Washington che promette di battersi perché l’America continui ad avere una costante presenza diplomatica, economica e militare nel mondo, rigettando le tentazioni isolazioniste. Il think tank, si legge nel manifesto fondativo, sostiene una politica estera americana favorevole “in modo robusto” agli alleati democratici e contraria ai “regimi canaglia che minacciano gli interessi statunitensi”. La Foreign Policy Initiative vorrebbe che l’America promuovesse la tutela dei diritti umani degli oppressi e diffondesse la libertà politica ed economica. L’ultimo punto del manifesto è quello di un esercito forte, con un bilancio adeguato alle esigenze di un’America che sia pronta ad affrontare le minacce del XXI secolo. Nel manifesto di Foreign Policy Initiative ci sono tutti i temi classici della politica estera neocon, sviluppati negli anni dell’anticomunismo democratico e liberal, confermati durante il conflitto dei Balcani assieme all’Ulivo mondiale di Clinton-Blair e D’Alema e ribaditi subito dopo l’11 settembre assieme a Bush.
Il liberal Packer, sul New Yorker, immagina che la nuova iniziativa politica di Kristol e Kagan non sarà un contributo costruttivo e unitario al dibattito sul ruolo dell’America nel mondo, piuttosto uno strumento politico per denunciare l’arrendevolezza di Obama nei confronti dei nemici degli Stati Uniti. Eppure, i più entusiasti della strategia obamiana sull’Afghanistan, presentata dal presidente venerdì mattina, sono stati proprio Kristol e Kagan. I due promotori di Foreign Policy Initiative hanno anche organizzato la prima uscita pubblica del nuovo think tank, questa mattina a Washington, con una conferenza sulla strategia per vincere in Afghanistan. A chiudere i lavori, l’intervento del senatore che ha commentato più favorevolmente il piano di Obama: il suo ex avversario John McCain.
Christian Rocca
31 Marzo 2009