Milano. La decisione del presidente americano Barack Obama di cancellare le limitazioni stabilite dal predecessore George W. Bush al finanziamento federale per la ricerca sulle cellule staminali embrionali è stata salutata con grande soddisfazione dai giornali liberal americani, ma anche con qualche preoccupazione. Il primo editoriale del Washington Post, quello che riflette la linea del giornale, comincia col dire che Obama ha fatto la cosa giusta, ma sottolinea anche come in modo bizzarro il presidente abbia scelto di non porsi le questioni etiche e morali legate a questo tipo di sperimentazione.
Obama, com’è ormai abitudine della sua Casa Bianca, ha rimandato a direttive da emanare entro quattro mesi i dettagli del suo piano, senza specificare adesso i limiti che dovranno essere rispettati per evitare gli abusi. Il Washington Post ricorda come le regole dettate da Bush nel 2001 siano state “un compromesso tra i bisogni degli scienziati e le convinzioni etiche e morali di chi è preoccupato dal fatto che l’estrazione delle cellule staminali porta alla distruzione degli embrioni”. Bush non ha vietato il finanziamento pubblico, statale o privato, ma ha addirittura permesso il finanziamento federale alla ricerca scientifica sulle staminali embrionali, anche se solo sulle linee già esistenti al momento della firma del suo decreto. Secondo gli scienziati che avevano consigliato Bush, queste staminali sarebbero state riproducibili all’infinito e quindi sufficienti a sperimentare per sempre, ma secondo il Post non è stato così. La scienza, comunque, si è adattata e, ricorda il Post, nel 2007 ha scoperto che le cellule della pelle possono funzionare come le staminali embrionali, senza creare quindi problemi etici.
Il Post rimprovera a Obama di non essere stato preciso e di non aver spiegato bene se le direttive consentiranno di finanziare la ricerca soltanto sulle staminali degli embrioni sovrannumerari depositati nelle cliniche di fertilità oppure se ribalteranno anche l’emendamento Dickey-Wicke del 1995, approvato negli anni di Clinton, che vieta il finanziamento federale alla creazione o distruzione ex novo di embrioni umani al solo scopo di ricerca (ma non la ricerca sulle staminali estratte da questi embrioni, una volta che sono stati creati).
“Alcune di queste questioni etiche – ha scritto il giornale della capitale – devono essere affrontate dentro l’arena politica, non solo dagli scienziati”. La stessa critica, sempre sul Washington Post, è stata affidata a Yuval Levin, un intellettuale conservatore che tra il 2003 e il 2005 è stato il direttore esecutivo del Comitato presidenziale di bioetica. La politica scientifica, ha scritto Levin, non è soltanto una questione scientifica, ma anche politica: “La scienza moderna offre strumenti molto potenti di conoscenza e di fattibilità. Ma il ruolo dei legislatori eletti è di considerare la conoscenza e il potere che ci offre la scienza e di farli quadrare con altre priorità, economiche nel caso delle politiche ambientali, strategiche nel caso di quelle sulla non proliferazione e morali nel caso delle staminali embrionali. In tutte queste aree, la politica deve governare, con la scienza al suo servizio. La scienza è una cosa gloriosa, ma non sostituisce la saggezza, la prudenza o la democrazia”.
Il primo editoriale del New York Times è più entusiasta della decisione di Obama e semmai critica il presidente per non essere andato oltre, fino a chiedere l’abrogazione dell’emendamento Dickey-Wicke. Ma, sulla prima pagina dello stesso Times, c’è un articolo che spiega come, malgrado la retorica sull’aver finalmente messo da parte l’ideologia per dare spazio alla scienza, anche Obama, come i predecessori, fa la stessa cosa, non separa la scienza dalla politica né l’ideologia dalle scelte presidenziali.
Christian Rocca
11 Marzo 2009