New York. All’Aia, nel corso di un vertice Nato sull’Afghanistan, americani e iraniani si sono incontrati direttamente, sia pure in modo informale. Hillary Clinton ha definito “promettente” il colloquio tra Richard Holbrooke e il viceministro degli Esteri di Teheran. Anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, è convinto che l’impegno promesso dall’Iran per stabilizzare l’Afghanistan costituisca “un buon inizio”. A Washington, però, un gruppo di influenti deputati del Partito democratico, guidato dal capogruppo alla Camera Steny Hoyer e dai tre presidenti delle commissioni Esteri, Forze Armate e Intelligence, ha scritto una lettera aperta al presidente Barack Obama a proposito della sua apertura politica all’Iran, il paese islamico impegnato a procurarsi la tecnologia nucleare per contare di più nella regione mediorientale. I firmatari, senza molti giri di parole, sono subito andati al dunque, spiegando di condividere “la ferma posizione” del presidente secondo cui “all’Iran non può essere concesso di possedere armi nucleari”, specie ora che l’Agenzia atomica dell’Onu ha svelato che il regime di Teheran ha già “scorte sufficienti di uranio arricchito per generare un’arma nucleare”. Il problema degli ayatollah atomici, hanno scritto i leader democratici a Obama, è urgente e va affrontato subito. “Nell’ingaggiare un dialogo dobbiamo essere seri e credibili – si legge nella lettera – ma non possiamo farlo a tempo indeterminato. Il nostro obiettivo deve essere quello di condurre l’Iran alla sospensione del programma nucleare”, ma non si possono attendere i risultati delle elezioni presidenziali iraniane di giugno, se si vuole evitare che “l’Iran usi le discussioni diplomatiche come copertura per continuare a lavorare al suo programma nucleare”.
Il consiglio a Obama è di iniziare subito questi colloqui, “in modo da avere il più presto possibile un’indicazione sulla loro efficacia”. In caso di scarsi risultati, secondo gli scettici i deputati democratici, Obama dovrebbe “applicare immediatamente gli altri strumenti a sua disposizione per aumentare la pressione economica sugli iraniani”, con sanzioni alla Banca centrale di Teheran e alle banche, compagnie energetiche e assicurative e di trasporto internazionali che continuano a fare affari con il regime iraniano. Gli alleati occidentali, continua la lettera indirizzata a Obama, devono cominciare a rendersi conto dell’urgenza e della gravità della situazione iraniana per la sicurezza e la stabilità internazionale: “Signor presidente, se davvero intendiamo non permettere all’Iran di possedere armi nucleari, è urgente agire adesso. Dobbiamo usare il tempo a nostra disposizione per cominciare il dialogo e convincere gli iraniani della serietà dei nostri obiettivi. Altrimenti in futuro dovremo affrontare decisioni molto più difficili”.
Anche dentro l’Amministrazione Obama c’è chi comincia a sostenere l’urgenza di un più repentino uso delle sanzioni. Il segretario al Pentagono, Bob Gates, ha detto in televisione che l’Iran non ha ancora un’arma atomica, ma anche che è più probabile che saranno le sanzioni economiche, piuttosto che la diplomazia, ad avere successo rispetto all’Iran. Secondo il segretario alla Difesa, intervistato da FoxNews, se ci sarà una sufficiente pressione economica gli iraniani potrebbero convincersi a sedersi attorno a un tavolo e, a quel punto, la carta diplomatica potrebbe fornirgli “una via d’uscita” se davvero decidessero di cambiare politica. Anche Richard Holbrooke, il mastino scelto da Obama e da Hillary Clinton per gestire il delicato scacchiere afghano-pachistano, sembra scettico e, intervistato dalla Cnn, ha detto che non scommetterebbe su un miglioramento ravvicinato delle relazioni tra gli Stati Uniti e la Repubblica islamica.
1 Aprile 2009