Camillo di Christian RoccaObama a Notre Dame

New York. Barack Obama è uscito indenne, se non vittorioso, dall’Ateneo cattolico di Notre Dame, in Indiana, dove sabato mattina ha ricevuto una laurea honoris causa e tenuto il discorso ufficiale della tradizionale cerimonia di consegna dei diplomi a duemila e novecento studenti.

New York. Barack Obama è uscito indenne, se non vittorioso, dall’Ateneo cattolico di Notre Dame, in Indiana, dove sabato mattina ha ricevuto una laurea honoris causa e tenuto il discorso ufficiale della tradizionale cerimonia di consegna dei diplomi a duemila e novecento studenti. Le polemiche erano cominciate un paio di mesi fa, quando il rettore del principale ateneo cattolico d’America, padre John Jenkins, aveva invitato il presidente alla cerimonia di “commencement”, scatenando ire e proteste di studenti, professori e uomini politici pro life.
Obama è favorevole al diritto della donna di interrompere la gravidanza, la dottrina cattolica è decisamente contraria. Nel novembre scorso, Obama ha ottenuto la maggioranza dei voti cattolici, ma a Notre Dame il presidente è stato accolto da una crescente opposizione di settanta vescovi cattolici e della Conferenza episcopale, da 360 mila firme contrarie al suo intervento e da duecento manifestanti anti abortisti all’ingresso del campus. Mary Ann Glendon, già ambasciatrice in Vaticano, ha rifiutato la laurea honoris causa in segno di protesta per la presenza dell’abortista Obama.
In sala, alla presenza di dodicimila persone, il clima era diverso e gli applausi scroscianti. Un paio di interruzioni antiabortiste da parte di un signore anziano sono state coperte dai cori degli studenti, mentre un gruppo di ragazzi pro life ha preferito manifestare in silenzio e mostrare sul cappello di laurea una croce gialla e un’immagine di piedi di bambini. Ventisei studenti hanno scelto di non partecipare alla cerimonia della propria laurea per protestare contro la decisione dell’Università.
Obama è un politico pragmatico, ma anche uno dei pochi leader di sinistra capace di parlare in modo convincente e con il cuore a chi crede in Dio e ha posizioni etiche diverse dalle sue, a cominciare dall’aborto. La sua ascesa politica si è consolidata esattamente su questa abilità: sulla sua sincera fede cristiana, sulla sua straordinaria storia personale che in parte è la realizzazione di un sogno anche cristiano di incontro e accoglienza e sulla sua naturale capacità di smussare gli angoli e trovare punti di incontro tra diverse sponde ideologiche.
Nel discorso di sabato a Notre Dame, i commentatori americani hanno rivisto questo Obama, salutato positivamente anche dall’Osservatore Romano. Andrew Sullivan, obamiano cattolico e militante gay, ha trovato il discorso “profondamente cristiano”. E. J. Dionne, opinionista liberal del Washington Post, ha scritto che Obama è stato così esplicito, nel parlare della sua fede, da ricordare George W. Bush, anche se poi due presidenti giungono a conclusioni opposte, perché secondo Obama la fede ammette il dubbio, mentre Bush traeva dal suo credo religioso soltanto certezze. Lo scrittore cattolico di sinistra Michael Sean Winters, invece, è rimasto deluso, perché l’interpretazione di Obama sul dubbio e la fede è protestante, non cattolica. In ogni caso, ha scritto Dionne sul Washington Post, il discorso di Obama è stato il più radicale e il più conservatore della sua presidenza, ispirato a quella dottrina sociale della chiesa cattolica che ha avuto un ruolo importante nella sua formazione politica di community organizer a Chicago: “Combina opposizione all’aborto con severa critica alle ingiustizie economiche”. Obama, ha scritto Dionne, ha criticato chi vede la vita soltanto attraverso la lente dell’interesse immediato e del materialismo, ma le sue parole si basano su “idee molto antiche, in particolare sul peccato originale e sul bene comune”.
La chiave offerta da Obama è quella di mettere da parte le differenze ideologiche, di non scontrarsi sulla libertà di scelta della donna o sulla proibizione penale dell’aborto, ma di impegnarsi ad approvare politiche pubbliche in grado di ridurre il numero delle gravidanze non volute e, quindi, degli aborti. Già Bill Clinton aveva impostato così la sua politica sull’aborto “legale, sicuro e raro”, una formula che, però, Obama ha cancellato dalla piattaforma politica del Partito democratico. I critici pro life sostengono che alle parole di buon senso, già pronunciate in campagna elettorale, Obama non ha ancora fatto seguire proposte concrete e che ancora, per esempio, non ha fatto nulla per trovare questo “terreno comune” dove tutti desiderano una riduzione degli aborti.
Il presidente, in realtà, si è tenuto alla larga (“non è tra le mie principali priorità”, ha detto la settimana scorsa) dalla proposta di legge “Freedom of Choice Act” che renderebbe ancora più facile l’aborto e, nel discorso di ieri, ha ribadito la necessità di rispettare il diritto all’obiezione di coscienza di chi è contrario all’aborto. (chr.ro)

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