Camillo di Christian Rocca"Una dichiarazione di guerra contro Israele"

New York. A Norman Podhoretz il discorso di Barack Obama al Cairo, per usare un eufemismo, non è piaciuto. Ottant’anni tra sei mesi, con un altro libro in uscita l’otto settembre dal titolo “Why the Jews are Liberal?”, il decano degli intellettuali neoconservatori giudica il discorso del presidente americano al mondo arabo e islamico come “una dichiarazione di guerra contro Israele” e “il tentativo per rovesciare il governo Netanyahu”.

New York. A Norman Podhoretz il discorso di Barack Obama al Cairo, per usare un eufemismo, non è piaciuto. Ottant’anni tra sei mesi, con un altro libro in uscita l’otto settembre dal titolo “Why the Jews are Liberal?”, il decano degli intellettuali neoconservatori giudica il discorso del presidente americano al mondo arabo e islamico come “una dichiarazione di guerra contro Israele” e “il tentativo per rovesciare il governo Netanyahu”. Per il resto, dice Podhoretz al Foglio, “è roba già risaputa e vergognosa: l’idea che ci sia un’equivalenza morale tra noi e i musulmani, tra gli israeliani e i palestinesi è scandalosa per un presidente americano”. Podhoretz riconosce che gli speechwriter di Obama sono bravi e capaci, ma ritiene che la loro retorica sia “al servizio di idee e atteggiamenti sbagliati”.
Sono almeno tre anni che Norman Podhoretz sostiene apertamente la soluzione militare per distruggere i siti militari nucleari dell’Iran. Sperava lo facesse George W. Bush, ma è rimasto deluso. Non esclude nulla per il futuro, perché “una cosa sono i discorsi, un’altra la necessità di affrontare sul serio le crisi internazionali”, ma Podhoretz da prima del discorso al Cairo è convinto che Obama si sia “rassegnato alla bomba iraniana”, e non solo Obama, “ma anche l’intero establishment di politica estera degli Stati Uniti e molte cancellerie europee”. Fino a poco tempo fa, ricorda l’ex direttore di Commentary, “Obama, Hillary e tutti quanti dicevano che una bomba iraniana sarebbe stata ‘inaccettabile’, ora si stanno spostando su una posizione, che prima respingevano, secondo cui possiamo convivere con un Iran nucleare e che la deterrenza funzionerà, così come ha funzionato con potenze ben più grandi come Russia e Cina durante la Guerra fredda”.
Secondo Podhoretz è “un errore terribile” paragonare gli ayatollah iraniani ai leader comunisti, perché “non si tiene conto dell’elemento suicida” che è presente nella storia del regime islamico. Russia e Cina, aggiunge, non volevano essere distrutti da un’escalation militare, mentre se si ascolta cosa dicono gli iraniani non c’è questa preoccupazione: “L’ex presidente Rafsanjani, che tutti considerano un moderato, ha detto che in caso di scontro nucleare Israele verrà distrutto, ma l’islam sopravviverà. Non ha detto l’Iran, ha detto l’islam”.
La cosa che Obama e i suoi non capiscono, dice Podhoretz, è che “gli ayatollah e l’islam non riconoscono l’importanza degli stati-nazione, ma soltanto la ‘dar al-Islam’, la casa dell’islam”. L’idea stessa alla base della deterrenza, cioè che i leader iraniani metteranno al centro gli interessi dello stato invece che quelli dell’islam, secondo Podhoretz, è “ridicola”, perché quello di Teheran è un regime abituato a “mandare i bambini a suicidarsi” sui campi minati di Saddam “con una chiave di plastica attaccata al collo, la chiave per il paradiso”.
In occidente, spiega Podhoretz, “molta gente non comprende la religione, pensa sia impossibile che ci possa essere qualcuno che davvero creda a queste cose, che agisca di conseguenza e che sacrifichi la sua vita”. Se c’è qualcuno che lo fa notare, dice Podhoretz, cominciano a “ridicolizzare quella che chiamano ‘reductio ad hitlerium’, dimenticandosi però che nel 1938-39 si diceva esattamente quello che si dice oggi degli ayatollah, e cioè che in realtà Hitler non intendeva fare quello che poi invece ha fatto, ma che parlava e basta”. Podhoretz ricorda, inoltre, che “gli sciiti credono che il loro messia, il Mahdi, il dodicesimo Imam, tornerà dopo una guerra apocalittica e che per il loro punto di vista uno scontro nucleare è una cosa positiva”.
A chi teme che un Iran con la bomba possa scatenare una corsa mediorientale al nucleare, Podhoretz risponde che “saremo fortunati se ci sarà il tempo per una corsa nucleare, perché una volta che gli ayatollah si faranno la bomba saremo vicinissimi al pericolo di uno scontro nucleare tra Iran e Israele”. Podhoretz sostiene che “quando l’Iran avrà le testate nucleari, Israele dovrà decidere se aspettare un attacco o prevenirlo, e gli iraniani faranno lo stesso ragionamento e alla fine uno di loro lancerà un missile nucleare e solo Dio sa che cosa succederà dopo”. Tra tutte le cose terribili che potranno accadere, secondo Podhoretz, “la migliore resta che Israele o l’America attacchino i siti nucleari iraniani adesso che Teheran non ha la bomba. Anche immaginando i peggiori scenari possibili di un attacco, non sarebbero paragonabili alle conseguenze di uno scontro nucleare”.
Podhoretz spera nel governo israeliano. “Non conosco i programmi di Netanyahu, ma credo che colpirà i siti nucleari iraniani. Non ha alternativa. Non so come potrà fare, militarmente, strategicamente e politicamente, senza il consenso americano, ma non ha molto da perdere perché il sostegno americano lo perderà in ogni caso se Obama imporrà un impossibile ultimatum sulla questione degli insediamenti”.

X