L'ItabolarioIndignazione

Da mesi gira per la Francia un best-seller di Stéphane Hessel, diplomatico ebreo francese di 93 anni, partigiano, estensore della Carta dei Diritti universali dell’uomo. In Italia il libello è trad...

Da mesi gira per la Francia un best-seller di Stéphane Hessel, diplomatico ebreo francese di 93 anni, partigiano, estensore della Carta dei Diritti universali dell’uomo. In Italia il libello è tradotto da poche settimane e sta già ottenendo un buon successo. Il pamphlet s’intitola «Indignatevi», ed è un appello ai giovani perché si scaglino contro le ingiustizie della nostra epoca: compressione dei diritti sociali, politiche dell’immigrazione discriminanti, media dipendenti dal potere politico-economico. Un capitoletto è dedicato alla Palestina, ed è forse quello meno convincente: al di là delle opinioni non è chiaro perché Israele debba essere l’unico imputato quando si osserva il mondo in cui viviamo. Il testo – che ha riscosso anche critiche, per esempio quella di Pierluigi Battista – è estremamente elementare, e anche a questo deve il suo successo. Non apre forse squarci spiazzanti, ma ha il pregio della chiarezza e della militanza. L’indignazione per qualsiasi ingiustizia dovrebbe essere il motore di ogni impegno civile, e purtroppo non è così. Secondo me perché si parli di «indignazione» occorre stabilire un principio fondamentale: chi protesta non deve beneficiarne. Se si trae un vantaggio dalla propria indignazione, allora si rivendica, si protesta, ci si lamenta. Ed è proprio qui il punto: oggi si lamentano tutti, ma per le sofferenze degli altri ci si indigna poco.

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