Se ne sono andati entrambi nel giro di dieci giorni. Non uomini qualunque. Ma persone che hanno scritto – ciascuno – pagine di storia. D’Israele. E del mondo. Loro sono Yonah Elian e Mietak Pemper. Ottantotto anni il primo, novantuno il secondo. Divisi dalla geografia, dai percorsi di vita, dal contesto sociale. Ma uniti da un’unica vicenda: l’Olocausto.
Yonah Elian si è tolto la vita in appartamento di Ramat Aviv, nei pressi di Tel Aviv, venerdì 17 giugno. Un gesto d’amor proprio, messo in atto per mettere fine alle sofferenze dovute ad una grave malattia. Elian non era un israeliano qualsiasi, ma uno dei membri del commando del Mossad che mezzo secolo fa ha catturato a Buenos Aires, in Argentina, il gerarca nazista Adolf Eichmann.
Il suo incarico in quella missione – si disse – era di stordire il prigioniero con sedativi prima di caricarlo su un volo segreto con destinazione Israele. La verità è che di Elian non si è saputo nulla per 47 anni. Ricompare, velocemente, nel 2008, quando accetta di ricevere un riconoscimento ufficiale per il suo operato.
Ma poi ritorna nell’ombra. Non si è mai capito se per un senso del dovere portato al midollo o per scrupoli morali. Ai familiari aveva detto di non essersi mai perdonato di essere venuto meno, nei confronti dell’imputato Eichmann, al giuramento d’Ippocrate.
«È possibile che mio papà abbia partecipato anche ad altre operazioni clandestine», ha detto il figlio di Elian alla stampa israeliana. «Ma se l’ha fatto non ne ha mai parlato con nessuno, forse ha preferito portarsi nella tomba tutti i segreti».
Duemilasettecento chilometri (in linea d’aria) più a nord-ovest, e dieci giorni prima, moriva nella città tedesca di Augusta Mieczyslaw Pemper, meglio conosciuto con il nome di Mietak. Anche lui è uno dei protagonisti dell’Olocausto. Perché mentre i nazisti massacravano gli ebrei, lui s’è messo a trascrivere in un alcuni fogli i nomi e i cognomi di 1.200 di loro. È l’elenco che finisce nelle mani di Oskar Schindler e che salva centinaia di vite.
Pemper, di religione ebraica anche lui, era diventato il dattilografo personale del comandante nazista Amon Goeth mentre era rinchiuso nel campo di concentramento di Plaszow. Proprio questo ruolo gli ha consentito di leggere – in segreto – le comunicazioni di Berlino. In una di queste c’era scritto che «tutte le fabbriche che non producono beni utili alla guerra nazista» dovevano essere chiuse.
È a quel punto che, temendo la morte di tutti i prigionieri (e anche la sua), Pemper copincolla milleduecento nomi. Convince un imprenditore e membro del partito Nazista come Schindler a far produrre nella sua fabbrica granate anti-carro e a impiegare tutti gli ebrei della lista. Così, grazie a un sol uomo, si salvarono tutte quelle vite.
Se ne sono andati per sempre Yonah e Mietak. Due uomini che non si sono mai conosciuti, ma che hanno finito per essere protagonisti (magari meno noti) della stessa storia.
[Nelle foto: il gerarca nazista Adolf Eichmann durante il processo in Israele; Mietak Pemper, il dattilografo ebreo polacco, l’autore della lista di nomi consegnata a Schindler (foto Epa)]