Da giorni sui quotidiani non si legge altro. Conversazioni inquietanti, spesso volgari, apparentemente poco rilevanti sotto il profilo penale. Anche divertenti, a tratti, come quando Flavio Briatore disquisisce sapientemente sul quadro politico.
Ma è uno spettacolo indecente. Sarà pure una banalità, ma ritengo valido il principio secondo cui, tra un criminale in libertà e un innocente in galera, il secondo caso sia più grave. E dunque, nel flusso incontrollato di intercettazioni, si riscontra un imbarbarimento della civiltà giuridica, nel rischio concreto di sputtanamento per chi non ha compiuto alcuna azione illegale o riprovevole. Per carità, i giudici devono poter lavorare con la massima serenità e fiducia alle indagini, ma siamo sicuri che questa telenovela sia il contesto più favorevole per un impegno di questa importanza?
In varie proposte di legge (la bozza-Mastella, la bozza-Alfano, la bozza-PD) si ipotizza l’istituzione di un’«udienza-filtro», cioè una discussione tra magistrato, pm e difesa in cui si dividono gli stralci di conversazioni rilevanti da quelli non interessanti ai fini del processo. Mi pare un’opzione seria e percorribile, nemmeno troppo complicata sul piano operativo. Pare che l’Associazione nazionale dei magistrati sia disponibile a ragionarne. Bene. Prima è meglio è.
29 Giugno 2011