Le donne saudite hanno deciso di scendere in strada per rivendicare un diritto apparentemente scontato: poter guidare un’automobile. Ciò è evidentemente vietatissimo in Arabia Saudita, dove di parità tra i sessi non si discute affatto. E, poiché stiamo parlando di uno tra i principali alleati del mondo occidentale, oltre che di uno stato molto ricco, nessuno ha ritenuto finora di doversi indignare con particolare convinzione. Personalmente trovo questa forma di protesta – mettersi tutte simultaneamente alla guida, di preferenza scortate da un familiare maschio – particolarmente esaltante. Per una serie di ragioni: 1) La semplicità di questa rivendicazione rende tutto chiaro, evocativo, probabilmente destinato al successo. 2) Il rafforzamento di un embrione di movimento di donne saudite va contestualizzato nella primavera araba, ed evidenzia un processo di genuina democratizzazione contro le tendenze integraliste che pure non sono mancate nelle piazze. 3) L’Occidente, che è costretto a muoversi con cautela (si pensi alla Siria, ma anche allo Yemen), può appoggiare serenamente le donne saudite, chiedendo a un alleato storico di mostrarsi disponibile alla pressante richiesta di diritti anche per non essere spazzato via come altri regimi. 4) Dal punto di vista linguistico è sintomatico – al di là della retorica filo-internet – che la manifestazione abbia un nome inglese, scritto in caratteri alfanumerici, e che le donne si tengano in contatto attraverso i social network (soprattutto Twitter). Per oggi, alziamoci tutti in piedi in onore delle donne dell’Arabia Saudita.
17 Giugno 2011