Una delle domande più frequenti, specie quando si parla di arresti, ergastoli, scarcerazioni, pene di morte e garantismo, spesso rivolta a pubblici ministeri, giudici o politici. “E se ci fosse stato tuo figlio?” “E se tuo figlio fosse rimasto gravemente ferito?” “E se fosse stata tua figlia quella ragazza?”.
A prescindere dal merito delle questioni, si tratta di una domanda sbagliata, derivante dalla mancanza di distinzione tra decisione emozionale e decisione giusta, tra dramma e regole. Mi spiego. Se avessi un figlio e questo fosse tenuto in ostaggio, i sequestratori mi chiedessero, per la sua salvezza, di portare venti chili di eroina da un posto ad un altro, lo farei. Me ne infischierei dell’azione sbagliata in sé, del dolore e della morte che potrei causare con le mie azioni, avendo in testa solo la salvezza di mio figlio. Questo è il punto, per salvare un mio caro prenderei decisioni che vanno contro la mia coscienza, la morale e l’ordine costituito. Farei delle cose sbagliate.
Per questo ha pochissimo senso domandare a un giudice cosa avrebbe fatto se ci fosse stato suo figlio. Avrebbe fatto diversamente. E, probabilmente, avrebbe sbagliato