Finisce alle 3 di notte la diplomazia del vecchio Egitto con Gerusalemme. Finisce con un aereo che decolla dalla pista dello scalo internazionale del Cairo in fretta e con l’aiuto dei militari statunitensi. Dentro il velivolo ci sono l’ambasciatore israeliano in Egitto, Yitzhak Levanon, i suoi familiari, un’ottantina di membri della diplomazia israeliana e decine di cittadini dello Stato ebraico presenti nella capitale. Qualche ora prima centinaia di manifestanti hanno assaltato l’ambasciata israeliana, hanno buttato giù un muro lungo un centinaio di metri e hanno tolto la bandiera con la Stella di David, su al diciottesimo piano.
Diplomatici israeliani (e non solo) in fuga. Gerusalemme in allarme. Stati Uniti in contatto continuo con il premier Benjamin Netanyahu e le autorità egiziane. Obama che chiede di rispettare i trattati internazionali. Mentre la polizia del nuovo Paese, anche nel cuore della notte, cercava di allontanare, a colpi di gas lacrimogeni, i connazionali che per tutto il giorno avevano chiesto la cacciata dell’ambasciatore israeliano. E che, alle quattro di notte lanciavano pietre contro le forze di sicurezza.
«Incidente serio, evitato un disastro», ha commentato il premier israeliano. Mentre un funzionario di Gerusalemme ha reso noto che in un’occasione c’è stato un intervento delle forze speciali egiziane che hanno tratto in salvo sei israeliani dalla sede della missione. Sul fronte egiziano, invece, è stata tenuta sabato mattina una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri con il Consiglio supremo delle forze armate. La situazione è così tesa che si fanno sempre più insistenti le voci sulle imminenti dimissioni del premier ad interim Essam Sharaf. Secondo alcuni giornali, Sharaf pare le abbia presentate questa mattina.
E’ iniziato tutto nelle prime ore di ieri pomeriggio. Quando centinaia di manifestanti si sono riversati davanti al muro e sotto gli occhi della polizia in tenuta antisommossa hanno preso a martellate le paratie di cemento, usando anche dei rudimentali arieti di sfondamento. Ad ogni pannello che cadeva si levava un boato con lo slogan «Fuori! fuori!». Hanno chiesto l’espulsione dell’ambasciatore israeliano, i manifestanti. Soprattutto dopo l’uccisione di cinque guardie di frontiera egiziane in seguito agli attentati di Eilat e le mancate scuse. Ma dal governo provvisorio non è arrivata nessuna risposta. Così, a muro abbattuto, è partito l’assalto alle sedi diplomatiche.
Nel giro di pochi minuti l’ambasciata israeliana è stata invasa dai manifestanti. L’agenzia locale “Mena” a un certo punto ha scritto anche che erano stati lanciati dalle finestre dei documenti «confidenziali». Mentre un ragazzo, uno dei tanti, toglieva il vessillo dello Stato ebraico. Tra le urla di gioia di molti connazionali. «Sono solo brochure e moduli presi nell’ingresso dell’ambasciata», hanno però precisato gl’israeliani. E hanno negato che vi sia stata una vera e propria irruzione nell’edificio: «Solo qualcuno è riuscito a raggiungere giusto l’ingresso». Ma ci voleva poco a capire che di vero e proprio assalto si trattava.
Dal punto di vista puramente diplomatico, ora sarà il console israeliano, delegato agli Affari di Stato e vice di Yitzhak Levanon, a reggere l’ambasciata evacuata la scorsa notte.
Che succede all’Egitto? È preda di rigurgiti di antisemitismo? Odio nei confronti d’Israele? Spirito di emulazione per quello che ha fatto la Turchia? Le spiegazioni, in tutte le tv egiziane, sono state tante. Ma su una cosa analisti e commentatori hanno concordato tutti: questo è soprattutto il risultato di mesi di frustrazione e di attese deluse, di promesse fatte e poi non mantenute. Insomma: un problema contro il governo provvisorio del Cairo più che con Gerusalemme. Intanto, il ministero della Sanità ha fornito il bilancio provvisorio della giornata di follia: 3 morti e oltre mille feriti.