Probabilmente uno degli strumenti più interessanti per studiare la realtà che ci circonda o per analizzare un passato più o meno remoto é quello di rivedere i vecchi spot, soprattutto quelli delle marche automobilistiche.
Non so se ve la ricordate la vecchia pubblicità http://www.youtube.com/watch?v=ZnVe8Nyn8nM della Y10 all’inizio degli anni 80, quella che presentava vip affermati dell’epoca, come Gerry Scotti, Eleonora Brigliadori o Maria Teresa Ruta (ogni decennio ha i vip che si merita) al volante della piccola vettura italiana mentre la head line (lo slogan per chi non é mai entrato in una agenzia pubblicitaria) recitava in maniera aderente all’epoca degli yuppies e dell’edonismo a tutto tondo « Piace alla gente che piace ».
Ecco, ci pensavo l’altro giorno mentre guardavo il formidabile spot della Dacia Duster http://www.youtube.com/watch?v=yjG6WekeSow, dell’agenzia Publicis, storica agenzia di Renault, quindi di Dacia. Uno spot semplice nella sua linearità che capovolge in maniera frontale la logica comunicativa che ha spesso contraddistinto la pubblicità delle automobili (fosse anche la Duna). Si vedono l’immancabile coppia di fotomodelli, scelti in maniera accurata, al volante del SUV di produzione franco-rumena che sembrano assolutamente stregati dalla guida e dall’interesse suscitato al loro passaggio. Tutto questo in linea con il 99% dei film pubblicitari della automobili. Il colpo di genio é alla fine, quando convinti nella loro intenzione di acquisto vengono raffreddati dal prezzo annunciato dal concessionario. Troppo basso, per loro, che da una macchina vogliono tutt’altro che un mezzo di locomozione, confort e prestazioni. Quello che cercano é uno status sociale, un prezzo esorbitante da rivendicare nelle discussioni durante il prossimo brunch.
Quanto di più geniale e efficace, l’utilizzo del testimonial al contrario, in una congiuntura economica negativa per riuscire a far presa sul pubblico di questo inizio millennio alle prese con crisi economiche sempre più frequenti. Tanto che i risultati di vendita sono stati eccezionali.
Questo ovviamente non impedisce che la solita vecchia ricetta « glamour » continui a far presa sul pubblico, come dimostra il successo di vendite della nuova Lancia Ypsilon pubblicizzata dal signor Bellucci, alias Vincent Cassel, e dal suo ripetuto messaggio a cui, va detto, nessuno fornito di un po di sale in zucca crederà mai.
Cioé, non é una questione di lana caprina, far testimoniare a un attore di successo, probabilmente con pochissimi problemi di soldi e sposato con una delle donne più belle del mondo che il lusso stia nelle cose più semplici, si avvicina probabilmente più alla presa in giro che alla head line di successo. Eppure funziona, le vendite sono ragguardevoli.
Certo, non é un caso che quasi il 30% delle vendite della Ypsilon riguardino il modello Platinum, che va oltre i 18 mila euro di listino. Il lusso sarà pure un diritto ma comunque resta una spesa abbastanza impagnativa per chi non ha mai girato un film con Steven Soderbergh o con Darren Aronofsky.
Malgrado lo sforzo di Cassel nel rivendicare alla piccola automobile italiana un valore da filosofia new age d’accatto, d’altronde chi non ha in qualche scaffale un vecchio libro di Eric Fromm o di Herman Hesse, l’acquisto della ypsilon continua a essere l’affermazione di una ricerca di status symbol, di un valore estrinseco. Filiazione diretta appunto della Maria Teresa Ruta che scende dalla sua Y10 quasi 30 anni fa. Quando la Milano da bere inondava di amaro dozzinale le tavole degli italiani.