Marchionne veste PradaUfficializzato l’asse Milano-Cina. Ma funzionerà?

In questi giorni la Camera della Moda è in missione in Cina: Mario Boselli ed alcuni ambasciatori della moda italiana che fanno parte della dirigenza CNMI (Vittorio Missoni e Saverio Moschillo, nel...

In questi giorni la Camera della Moda è in missione in Cina: Mario Boselli ed alcuni ambasciatori della moda italiana che fanno parte della dirigenza CNMI (Vittorio Missoni e Saverio Moschillo, nella fattispecie) hanno incontrato a Pechino sia Pauline Su – omologo cinese del Cavalier Boselli – sia il vice executive president della China National Garment Association, l’unione delle aziende di moda cinesi, Chen Dapeng. Quest’ultimo è anche il presidente di uno dei saloni più importanti della moda internazionale: Chic Beijing, al quale la CNMI parteciperà a marzo 2012 con alcune delle griffe italiane di spicco riunite in un’edizione cinese di Milano Moda Showroom a Beijing.

Il clima è stato oltremodo collaborativo: “Il nostro mercato è molto aperto e tutti sono i benvenuti” ha detto Dapeng che ha sottolineato come il mercato cinese sia sempre più orientato verso un consumo di qualità più che di massa; “Milano Moda Showroom rappresenterà un’ottima opportunità per aziende di medie dimensioni che necessitano del supporto della Camera per sviluppare il proprio business in questo territorio” ha detto Boselli.

Le parti hanno esaminato tutti i punti, nove, di un accordo sino-italiano pensato per regolamentare alcune dimensioni del settore moda: dal tema dei calendari internazionali – argomento hot, visto quello che è successo con New York e Londra nelle scorse settimane -a quello della lotta alla contraffazione – tema in cima alla lista delle aziende – dalla cooperazione in materia di formazione allo scambio di dati economici ed informazioni rilevanti su alleanze strategiche ed opportunità d’affari.

Dall’anno prossimo poi, vedremo “aziende cinesi con una produzione caratterizzata da uno stile originale” nei calendari di Milano Moda Donna e Milano Moda Uomo.

L’Italia, insomma, sembra aver preso di petto la faccenda cinese. La Cina, infatti, è un’arma a doppio taglio: big consumer per i marchi del lusso internazionale ed economia in crescita – le vendite di abbigliamento e accessori al dettaglio in Cina nel primo semestre 2011 sono cresciute del 24% rispetto al 2010 ; la previsione di crescita del PIL cinese è, secondo l’FMI del +9,6% (2011) e +9,5% (2012) -, estimatrice delle manifatture artigianali nostrane, è anche uno dei principali importatori di tessuti e pellami prodotti in Italia che vengono lavorati direttamente all’ombra della Grande Muraglia. Ed è il regno dei “falsi d’autore”: imitazioni di borse da migliaia di euro che solo un occhio esperto può riconoscere e che, complice il turismo da contraffazione, sono sfoggiate anche dagli insospettabili.

Quanto un mercato così vasto e multisfaccettato come la Cina può essere (semmai lo sia davvero) tenuto a briglia tesa da un’associazione locale di industriali o, per contro, dalla Camera della Moda di un paese straniero?

E quali potrebbero essere le strategie per tutelare al meglio il made in Italy messo a confronto con una realtà così insidiosa?

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