Mentre il generale inverno fa finalmente capolino, con le sue temperature prossime allo zero, mentre l’ora legale accorcia in maniera proditoria e ingiusta le nostre giornate ingrigendo i nostri ricordi estivi ormai quasi appassiti, ecco immancabile, irrinunciabile e inevitabile lo spot di natale.
A me emoziona, ha sempre emozionato, perché appunto, in pieno autunno quello spaccato di banalità festiva mi ricorda che fra un po cominceremo a mangiare cose che neanche sotto minaccia mangeremo in altri periodi dell’anno. Fette di salmone imburrate nel pandoro, accompagnate da insalate russe con uva sultanina, pisellini e nocciole candite, torroni duri come acciaio impossibili tagliare anche con una lama in diamante.
E’ in quel momento che marche assolutamente assenti il resto dell’anno diventano incredibilmente familiari, Da Bauli a Melegatti, da Pernigotti a Sperlari passando per Paluani. Tutti nomi che rimandano a una sana e antica tradizione italiana. Il commendator Melegatti, il cavalier Sperlari…sembra di stare in una riunion della confindustria brianzola.
Per i più internazionali, quelli che avevano viaggiato e sapevano le lingue c’era anche la pubblicità della Coca Cola, che faceva sognare voli intercontinentali solo per potersi sedere su una collina con una candela in mano e far parte dell’albero finale.
Che poi, va detto, ora che tutti parlano di unità nazionale, di frattura nel paese. Sarebbe anche ora che si finisca con la più irriducibile e più feroce divisione che da sempre, affligge l’Italia. Divisione che ha distrutto e sta distruggendo intere famiglie italiane, fratelli che non si parlano più, cognate che si insultano e si rinfacciano accuse a vicenda, suocere cacciate di casa, famiglie, insomma distrutte.
La difficile scelta tra il pandoro o il panettone.
Altro che destra e sinistra.