E se il nuovo governo dei professori guidato da Mario Monti si rivelasse un fallimento che cosa accadrebbe al nostro paese? La risposta, temo, sarebbe terribile, perchè come hanno detto tutti gli osservatori interni e internazionali la prospettiva dell’Italia avrebbe due strade che per vie diverse portano all’inferno: il default o l’uscita dall’Euro, ambedue anticamera del disastro. La forza di Mario Monti sta proprio in questa consapevolezza ma il suo programma resta assai lacunoso rispetto agli annunci iniziali. Il neo premier aveva parlato di rigore, equità e crescita. Se si fa un’analisi dettagliata del suo dispositivo di guerra alla crisi resta in piedi soltanto il rigore sotto forma di aumento delle tasse. Di crescita e di equità per il momento se n’è vista poca. Come spiega molto in dettaglio Tito Boeri “con questa manovra, la pressione fiscale salirà ben oltre il 46 per cento e il peso delle entrate sul totale del reddito generato in Italia supererà il 50 per cento. Roba da uccidere un canguro di media stazza. Figuriamoci una lumaca come è stato il nostro paese in questi anni. Perché la manovra sia accettata dagli italiani deve apparire equa, deve richiedere sacrifici ben distribuiti. Diverse critiche mosse alla manovra in nome dell’equità non sono affatto eque, nel senso che sono sbagliate o superficiali il che distoglie dal trovare correttivi adeguati”.
Tito Boeri avanza un’ipotesi nuova rispetto all’Imu che non è mai stata contemplata da altri osservatori. “La parte del leone nella manovra (un terzo del totale) è rappresentata dalla tassa sulla prima casa, la nuova Ici, chiamata Imu per non dare un dispiacere a chi l’aveva inopinatamente abolita. Si è scritto che colpirebbe soprattutto i cittadini più poveri. Non è così. Stime preliminari svolte su un modello di microsimulazione costruito sull’indagine sulle famiglie della Banca d’Italia suggeriscono che quasi la metà del gettito della tassa verrà raccolto tra il venti per cento più ricco della popolazione. La tassa ridurrebbe ancora di più le disuguaglianze nella distribuzione dei patrimoni se i valori catastali fossero allineati a quelli di mercato”. Un’ipotesi suggestiva quella di Tito Boeri, che contrasta un po’ con il senso comune secondo il quale sarebbe la maggioranza dei piccoli risparmiatori-proprietari di case a essere colpita, non i ricchi. Nell’analisi di Boeri un capitolo a parte riguarda la previdenza, con tesi che non piaceranno per nulla alla Cgil ma per non dilungarci troppo le rimandiamo a un’altra riflessione.
Il punto dolente, secondo Tito Boeri, è ancora una volta il mancato contrasto agli evasori. Scrive l’economista bocconiano: “Ciò che ha eroso il sostegno alle politiche di risanamento in Grecia è il mancato contrasto dell’evasione fiscale che ha permesso a molti di farla franca. Per evitare questo rischio la manovra doveva assolutamente aumentare gli strumenti di deterrenza all’evasione fiscale, a partire dall’incrocio delle fonti statistiche già disponibili sui patrimoni degli italiani. Non lo ha fatto, mettendosi in linea di continuità col governo precedente. È invece fondamentale cambiare rotta. Scoraggiando in partenza i comportamenti illeciti, anziché limitarsi ad accertarli una volta che sono stati compiuti, si riesce tra l’altro ad avere benefici immediati dalla lotta all’evasione senza aspettare i tempi lunghi del contenzioso. Non si capisce neanche perché il Governo Monti non intenda sottoscrivere un accordo con la Svizzera sui capitali esportati analogo a quello siglato da Germania e Regno Unito”. Aggiungerei che non si capisce perchè il governo Monti sia così reticente nel tassare i capitali scudati quando negli altri paesi quella forma mascherata di condono ha fruttato agli Stati che l’hanno applicata molto più del misero 5% iniziale più l’1,5% ipotizzato.
E veniamo alla questione degli interventi simbolici sui ricchi e sulla politica. “Il governo – scrive Boeri -ha voluto puntare sulle cosiddette tasse sul lusso, che dovrebbero fruttare complessivamente non più di 300 milioni. Scelta discutibile perché si rischiano di colpire anche i lavoratori di industrie in cui il nostro Paese è all’avanguardia. Ma se proprio si vuole seguire questa strada bisogna farlo con perizia. La tassa sulle automobili di lusso prende come riferimento la potenza del motore, colpendo allo stesso modo chi ha auto usate con valori commerciali vicini allo zero e chi ha una Mercedes nuova di zecca, del valore di 150.000 euro. Il fatto è che le autovetture si deprezzano molto rapidamente. Perché non tassare allora in base al valore commerciale delle autovetture?”.
Infine la tanto annunciata lotta alla casta. “Per risultare più equi agli occhi degli italiani, il governo poteva portare i compensi dei parlamentari allo stesso livello dei politici in altri paesi europei. Può ancora farlo. Non c’è bisogno di una legge ad hoc. Basta decurtare il bilancio della Camera e del Senato obbligando così i due rami del Parlamento a tagliare drasticamente le componenti accessorie della retribuzione di deputati e senatori. Ad esempio, gli uffici di presidenza di Camera e Senato potrebbero decidere che i rimborsi vengono concessi solo a fronte di ricevute di spese effettivamente sostenute o che i collaboratori dei politici devono essere pagati direttamente dalle due Camere e non dagli stessi parlamentari – il che permetterebbe tra l’altro di regolarizzare la posizione contributiva di molti “portaborse” che oggi (sic!) lavorano in nero”.
9 Dicembre 2011