Ho sempre sottovalutato la forza e l’importanza di un archivio. Toccare dei documenti storici datati un secolo fa, stampati, scritti a mano o battuti a macchina su carta velina mi ha fatto riflettere sul pericolo di perdere quella memoria storica che difficilmente noi come essere umani riusciamo a trasmettere alle nuove generazioni. Oggi, sempre più, affidiamo il nostro vissuto a strumenti tecnologici super evoluti ma quasi incapaci di leggere il passato. Tutto per una logica di mercato che ci obbliga a rincorrere l’ultimo modello.
Il documento cartaceo che ho tra le mani, seppur consunto e delicato, è oggi chiaramente leggibile. Ha un colore, un odore e un profilo che valorizzano non solo il contenuto ma l’oggetto stesso. Ha una storia, un valore, una sua peculiare autenticità. Potremmo dire lo stesso di un CD, un DVD o una chiavetta o qualunque altra memoria digitale? Distinte fra loro per un particolare design e caratteristiche tecniche che contraddistinguono il passaggio di mesi, più che decenni o epoche. Saremo in grado di poter leggere in futuro la nostra memoria? Cosa riuscirà ad alimentare i server che oggi società come Google—penso a Gmail che io stesso utilizzo–mettono a disposizione garantendoci una memoria apparentemente senza confini?
Cresciuto a cavallo della rivoluzione digitale, avverto un piacere tattile nel sentire tra le mani il corpo di un documento reale che ancora porta i segni della macchina da scrivere. Si può annusare quell’acre odore di stantio che evapora mentre sfoglio documenti datati 1904…nello specifico progetti, disegni, preventivi e bilanci di un Ha Noi ancora da costruire. E’ su queste linee che prima di me, l’architetto, l’ingegnere, il tecnico e il burocrate ha passato le mani: toccando e sfogliando.
Un foglio tra le mani. Di contro il grande vantaggio di poter archiviare, vedere, leggere e studiare documenti direttamente online. Anche se per il vero fotografo, “la pellicola rimane, perchè rappresenta la nostra memoria” e, paradossalmente, da qui ai prossimi trent’anni, vedere e saper leggere un negativo potrebbe essere meno costoso che leggere un CD.
Avere tra le mani quei progetti su carta è stato come avere la visione di una città che fu e che sarebbe voluta essere. Accarezzarne con la mano i tratti e linee morbide e delicate, quasi fossero i rilievi sul terreno. La costanza di una manualità attenta che si muoveva attraverso processi mentali che oggi si evolvono con velocità e rapide intuizioni. Riflessioni e sensazioni che devo all’amico Architetto Matteo Aimini. Grande conoscitore del tessuto vietnamita, Matteo mi ha spinto a ricercare tra le ‘sudate carte’ che spero saranno utili alla sua prossima e tanto attesa pubblicazione, che ci racconterà l’evoluzione di Ha Noi come nessuno ha mai fatto prima.