Anche questa volta Silvio Berlusconi non ha resistito nel suo ruolo di padrino degli indagati, ci ha pensato un po’ poi ha alzato il telefono e ha chiamato Umberto Bossi per convincerlo a cambiare linea sul caso Cosentino. L’ex ministro degli interni Roberto Maroni si era molto esposto politicamente, aveva annunciato pubblicamente che la Lega avrebbe votato per l’arresto. Dopo aver letto le carte Maroni aveva dichiarato che nelle carte dei magistrati napoletani non c’è fumus e chi ha letto attentamente quell’atto accusatorio gli deve aver aggiunto che ci sono parecchi elementi per reggere un’ accusa così pesante di collusione con il clan dei Casalesi. Sembrava che tutto andasse nella direzione scelta da Roberto Maroni ma ancora una volta la vecchia amicizia tra il cavaliere e il capo della Lega ha funzionato e così Umberto Bossi a sorpresa ha deciso di lasciare libertà di coscienza ai suoi parlamentari.
Il vizietto di Silvio Berlusconi, ovvero la copertura sfacciata di tutti coloro che nel Pdl sono indagati o condannati anche per reati gravi, a partire da Marcello Dell’Utri, è tornato a colpire e mostra un’inguaribile tendenza dell’ex premier a delegittimare l’operato della magistratura inquirente. In veste di indagato Il Cavaliere si sente un specie di capo della casta degl indagati e come se tutto facesse parte di un complotto dei magistrati sarebbe stato disposto a staccare la spina al governo piuttosto che vedere il suo uomo entrare nel carcere. Naturalmente non c’è soltanto questo. Silvio Berlusconi ha il dente avvelenato con la procura di Napoli e non ha ancora dimenticato l’inchiesta sul caso del suo amico Lavitola. D’altronde quando Berlusconi prende un’iniziativa politico-giudiziaria abbiamo imparato che se si scava c’è sempre un ad personam che si nasconde da qualche parte.
12 Gennaio 2012