Sul piano mediatico il Presidente del consiglio Mario Monti può ritenersi soddisfatto. I tre quotidiani più importanti del paese, Il Corsera, la Repubblica e il Sole 24 ore, lo hanno promosso a pieni voti per quanto concerne le liberalizzazioni. Qui segnaliamo soltanto tre editoriali ma a voler ben guardare anche altri quotidiani, dal Messaggero alla Stampa, alla triade del gruppo Riffeser, lo hanno trattato con i guanti. E quando giornali come il Fatto Quotidiano lo criticano lo fanno in modo delicato. Mario Monti dovrebbe invece guardarsi dai quotidiani del centro destra che lo tengono sotto tiro, soprattutto perchè Corrado Passera non ha regalato le frequenze tv a Berlusconi.
Massimo Giannini, vice direttore di Repubblica non ha dubbi nella promozione, l’unico suo timore è l’atteggiamento che prenderà il Caimano in Parlamento. Scrive Giannini: “Si può discutere finché si vuole sui vuoti e sui pieni di questo provvedimento. Si possono criticare le concessioni sui farmaci e sul commercio, le rinunce sulle reti ferroviarie e sull’agenda digitale, le retromarce sulle assicurazioni e sulle banche: più coraggio non avrebbe guastato. Ma quello che non si può discutere è che per la prima volta, ormai da molti anni, un governo ha l’ambizione di proporre agli italiani una prima “riforma di sistema”, improntata ai principi dell’economia liberale. Una riscrittura complessiva delle regole di funzionamento del mercato, incardinata sul primato del cittadino-consumatore, e non sul potere della rendita corporativa. Un colpo d’ala che, per una volta, supera la maledizione che assillava Ugo La Malfa, quando ai tempi della Nota Aggiuntiva sosteneva che “l’Italia fa sempre riforme corporative, quindi fa controriforme”. Questa, pur con tutti i suoi limiti, non lo è. Non era affatto scontato che un’operazione di questa portata potesse riuscire a un governo tecnico che attinge la sua forza da una momentanea “convergenza” di sigle, piuttosto che da una strutturale maggioranza di partiti, e che è reduce da una prova difficile come il decreto Salva-Italia, convincente sul piano della quantità ma tutt’altro che esaltante sul piano dell’equità.
L’editoriale che più di altri esalta l’azione di Mario Monti è quello di Dario Di Vico sul Corriere della Sera: “Per chi ha a cuore l’apertura della società italiana ieri è stata una giornata importante. Mai l’albero era stato scosso così, mai in un colpo solo un governo aveva preso una serie di provvedimenti di liberalizzazione tanto larghi e destinati a toccare tutte le categorie. Il sistema Italia per ripartire ha bisogno di un’iniezione di concorrenza e ci si è messi nella condizione di assecondare questo processo. Modalità e tempi di attuazione delle singole misure sono differenti tra loro e di conseguenza l’attuazione richiederà particolare vigilanza per non venir meno al principio di equità. Altrettanta applicazione l’esecutivo dovrà porla nel rapporto con gli operatori dei settori liberalizzati. Per il retaggio delle tradizioni il mercato è percepito come una penalizzazione e non come occasione di crescita della categoria e delle singole persone. La paura è nemica della libertà anche nella sfera economica e se si può, con un sovrappiù di pedagogia, contribuire a vincerla si investe sul capitale umano. Quindi se con i tassisti, che pure avevano meritato il cartellino rosso, il governo ha saputo fare opera di ascolto, è bene che una eguale considerazione sia riservata, ad esempio, ai professionisti. Bene ha fatto Mario Monti a prendere di petto uno dei nodi della scarsa competitività del sistema Italia, il costo dell’energia. Le prime scelte compiute in materia di gas vanno nella giusta direzione e la loro corretta applicazione, legata allo scorporo della Snam dall’Eni, va incoraggiata. Rimane, caso mai, il rimpianto che pari determinazione non si sia avuta per i petrolieri, i servizi postali, il trasporto ferroviario e il rapporto tra banche e clienti. Con un pizzico di ottimismo pensiamo però che al governo non mancheranno occasioni future per completare l’opera”.
Anche Guido Gentili sul Sole 24 ore è elogiativo: “Tagliare la spesa pubblica è più difficile che tassare. Ma anche liberalizzare è complicato, molto complicato. Si immagina che un’operazione che evoca l’idea di una società aperta, libera, sia la benvenuta per definizione. Ma non è così, in un Paese corporativamente segmentato, e socialmente arrugginito, come l’Italia. Col varo del “pacchetto Monti” ne abbiamo avuto la riprova, tra pressioni, conferme, novità, cancellazioni e aggiustamenti (curiosità: torna il “vuoto a rendere”, di cui avevamo perso quasi la memoria).Anche per lo “strano” esecutivo di “impegno nazionale” guidato da Mario Monti l’andirivieni delle norme è stato tumultuoso e oggetto di confronti politici serrati (compreso quello tra i ministri). A suo modo un piccolo Vietnam, un percorso di guerra nella giungla insidiosa dei commi e delle virgole che fanno la felicità, o l’infelicità dei protagonisti grandi e piccoli della vita economica. Nessuno si aspettava né sconti né “cerimonie degli inchini”. Però non era del tutto prevedibile l’intensità del fuoco incrociato che si è riversato su un pacchetto di legge, sostenuto con forza dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, volto ad agevolare la ripartenza di un sistema bloccato”.
Chi invece picchia duro è Alessandro Sallusti sul Giornale: “C’è una storiella che si addice al momento. Quella del tizio che va alla festa che sognava da una vita, belle ragazze discinte e quant’altro. Quando le luci si riaccendono l’amico che lo vede un po’ giù gli chiede:«Ma come, era quello che volevi: non ti sei divertito? ».Risposta: «Insomma…All’inizio ho visto una coscia nuda,ma poi l’ho preso in quel posto per tutto il tempo ».