“Sistemarsi” è il termine lega un papalino antidivorzista del secolo scorso e Crozza di ieri sera. Questo pare di capire dall’ironia contro le tecno-minchiate del governo del pezzo a Ballarò e dell’invito a tacere. E allora è il caso di parlare di famiglia, divorzio e posto fisso.
Quando ero bambino l’Italia si divise sulla questione del “posto fisso” a letto, inscindibilità del matrimonio. Ricordo certi barbari che dicevano che se non c’era più amore nella coppia (addirittura da almeno uno dei membri) era giusto evocare quello strumento del demonio che si chiamava divorzio. Ricordo che la lotta (e non tanto il dibattito) tra questi barbari e i santi “padri di famiglia” arrivò fino alle scuole elementari. Ricordo distintamente un compagno di classe dire “maestra, ma se uno dopo il matrimonio diventa invertito, non è giusto che divorzi?”.
Cosa resta oggi della battaglia sul divorzio? Se qualcuno oggi, anche un primo ministro, dicesse che passare la vita con lo stesso uomo o la stessa donna può essere “monotono”, la battuta sarebbe accolta come un’opinione che qualcuno potrebbe condividere, qualcun altro no, ma sarebbe comunque tollerata. Io sto da trent’anni con la stessa donna, ma non mi sento di apostrofare “minchiata” una battuta che dice che può essere monotono (e in certi momenti può esserlo). E’ proprio grazie alla legge sul divorzio che oggi non consideriamo puttaniere o puttana una persona che definisce una relazione coniugale “monotona”. Prima della legge sul divorzio, un uomo che riteneva “monotona” la vita coniugale non poteva aspirare a una vita coniugale nuova, ma doveva scegliere tra reprimere il suo desiderio (offrendo la sua rinuncia all’Altissimo) oppure diventare quello che nei pezzi blues americani si chiamava “back-door man”. Oggi siamo diversi: oggi siamo tolleranti.
E il posto fisso in un’azienda? Perché dire che è “monotono” è blasfemo? La vita di un uomo è divisa equamente in tre parti otto ore al lavoro, otto ore in famiglia, otto ore di sonno. Dire che otto ore in famiglia, sempre la stessa, è monotono si può. Dire che otto ore di lavoro, sempre lo stesso, è monotono non si può. Nel primo caso è un’opinione, nel secondo è una “tecno-minchiata”. E non c’è una grande spaccatura tra barbari e santi. Tutti, quelli in cerca di matrimonio e quelli che la dolce metà ce l’hanno già, si scatenano contro chi ha detto che il lavoro fisso è “monotono”. Chi cerca il matrimonio vuole qualcuno che “porti il lesso a casa” per tutta la vita. Chi è già protetto, vuole rimanere tale perché ha paura che qualcuno gli possa portare via chi “gli porta il lesso”.
Ma il confine tra barbari e santi non passa per questa distinzione. Io sono un barbaro figlio di barbari. Mia madre tornò a casa quando ero al liceo dicendo che si era licenziata da un posto fisso perché lo considerava monotono, e con cinque milioni di lire in banca cercò di aprire un’impresa. Io ricordo che allora ebbi paura, ma rispettai la decisione di mia madre e non dissi niente. Vent’anni dopo io feci lo stesso, tornai a casa da un bel posto fisso in banca, e dissi a mia madre che mi ero licenziato perché non ce la facevo più. Lei, che ora era su una sedia a rotelle, ebbe paura, ma rispettò la mia decisione e non disse nulla. E allora capimmo entrambi che io e lei avevamo in comune una cosa sola: l’amore per il lavoro. E questo ci rendeva barbari.
Questo è il discrimine. I barbari vogliono una società in cui sul lavoro si competa: dal lavoro ci se ne va, se non risponde alle nostre aspettative, ma un lavoro nuovo si può riconquistare e, ma ai barbari capita raramente perché siamo abituati a lottare, il lavoro si può anche perdere perché arriva qualcuno migliore di noi.
In una società bloccata dal posto fisso, i barbari sono presi per pazzi, perché ogni volta che se ne vanno fanno un salto nel buio. Per anni ho avuto il senso di colpa del giocatore d’azzardo per il piacere che ho provato quando ho mandato al diavolo il mio posto fisso e ho riconsegnato il mio badge di bancario. Ma questo è il destino dei barbari in una società in cui il divorzio da un posto fisso che non ti piace non è riconosciuto come un diritto e un valore. L’equivalente del back-door man nel sesso, nel lavoro è il gambler..
Ma io prometto qui pubblicamente che non mi avvarrò mai del mio posto fisso per sottrarmi alla sfida di un giovane o vecchio che competa con me per il mio posto di lavoro. E se l’università di Bologna riterrà che io non possa contribuire a fare ricerca e formare persone, o se io riterrò che l’università di Bologna non me lo consenta più al meglio delle mie forze, o che qualcuno, che si candidi, possa farlo meglio di me, metterò in atto esattamente la stessa barbarie che ho fatto con la banca. E mi piace ricordare che lo stesso diceva Crozza in un monologo barbaro a Italialand, a proposito delle liberalizzazioni: ma se viene un giovane che entra da quella porta e fa ridere, perché no? Questa, la competizione, è la questione, la stessa del posto fisso. E, in attesa che ci venga riservata la stessa tolleranza che oggi viene rivolta ai divorziati, che vadano all’inferno i santi!