Gli studenti internazionali preferiscono Parigi a Boston, a Sidney e persino a New York. Non lo avemmo immaginato solo un anno fa. Invece tra le 50 città dove studiare e vivere meglio, le francesi sono tra le preferite, Parigi è balzata al primo posto come meta per trascorrere un periodo di studio all’estero o un intero ciclo universitario. E’ la conclusione di una ricerca pubblicata pochi giorni fa da QS, un’organizzazione specializzata in ranking e titolare della vetrina mondiale delle università, Graduate e Mba Tour. Il risultato non si basa solo sulle classiche interviste agli studenti, ma applica dei criteri per valutare la qualità e il numero delle università che possono dirsi davvero internazionali, l’accoglienza dello studente straniero, la reputazione delle università locali tra i datori di lavoro nazionali e internazionali e la qualità della vita. In generale tutta l’Europa è preferita alle mete classiche della mobilità internazionale, soprattutto rispetto agli Stati Uniti.
Il caso Parigi, è parzialmente spiegabile attraverso l’analisi che abbiamo pubblicato su Linkiesta che racconta il nuovo progetto del governo Sarkozy per finanziare università e ricerca in Francia con l’obiettivo di stanziare almeno 22 miliardi di euro, derivanti dall’emissione di titoli pubblici, per creare dei veri campus universitari attraverso una”fusione” di atenei nelle varie città. A Parigi per esempio nel Quartiere Latino tra un paio d’anni esisterà un solo campus ‘Paris Science et Lettre’ da frequentare per gli studi universitari e nelle materie letterarie e nelle scienze. E’ un progetto che prende forma, che ha comunque reso le università francesi più accessibili agli studenti internazionali, introducendo molti corsi in lingua inglese.
Però a ben guardare nella valutazione che hanno fatto gli esperti di Qs, la spinta che fa di Parigi una città agognata come sede di studi universitari, sembra essere stata proprio la crisi: le tasse universitarie negli atenei pubblici non superano i mille euro l’anno mentre negli Usa vanno oltre i 23mila euro. Sta accadendo che anche le famiglie più abbienti, debbano fare i conti con la prossima recessione e risparmiare più di 20 mila euro l’anno è una chance importante. Molti quei soldi da destinare alla formazione d’élite nei campus del New England non ce li hanno più, non riescono a metterli da parte. Ecco che la vecchia Parigi, riprende quota, tornano di moda le passeggiate dei giovanissimi a Pont des Arts – che non è stato risparmiato dai lucchetti di Moccia – e poi a Parigi, c’è velib, le biciclette messe a disposizione dei cittadini dal sindaco Bertrand Delanoë dal nord a sud della città con numerosi parcheggi e un sistema di facile di utilizzo attraverso tessere digitali. C’è una metropolitana che funziona ancora molto bene, un’offerta culturale vastissima e a buon mercato; con una carte etudiant fino a 26 anni si hanno molte riduzione e vari ingressi gratuiti a teatri e mostre.
Insomma la città più cara del mondo, dagli anni ruggenti sino alla Paris bling bling di Sarkozy per uno studente americano o coreano rischia di essere davvero conveniente. Così come lo sono altre città europee, Vienna, Zurigo, Berlino e Dublino. Londra è al secondo posto, nonostante l’aumento delle tasse universitarie, mantiene la sua fama di meta tradizionale ideale per le sue università, e con le olimpiadi proprio dietro l’angolo, pare stia subendo una trasformazione positiva, senza dimenticare che ha il doppio delle librerie di New York, più musei di Parigi. “E tra l’altro, i nostri musei sono gratuiti “, tiene a precisare il sindaco di Londra, Boris Johnson.
Ma a Parigi si sta meglio, e chi è giovane spende poco, una crepe prosciutto formaggio meno di tre euro, e poi c’è tutta la rete dei Resto U, i ristoranti universitari dove un pasto completo si paga meno di 4 euro, anche a Saint Germain de Prés vicino all’Université Panthéon- Assas.
Parigi cheap per gli studenti, sì ma con le sue contraddizioni: così mentre il ministro dell’Università sotto elezioni fa un manifesto dell’internazionalizzazione per attrarre studenti talentuosi da tutto il mondo, il suo collega agli Interni, Claude Guéant invia una circolare a tutti i prefetti francesi affinché limitino i permessi di lavoro per gli studenti che hanno finito i loro studi, in particolare quelli provenienti da Paesi fuori dall’Unione Europea. In questi giorni la circolare Guéant è all’esame del Senato, per limitare una manovra che va nella direzione opposta di un parte del Governo Sarkozy, la valorizzazione dei talenti internazionali in Francia, ma a favore della limitazione dei flussi migratori di lavoratori. Tutte le parti sociali, dai comitati universitari, ai rettori, sino al Medef, la Confindustria francese, la rete delle piccole imprese e i sindacati, si sono opposti e ci si aspetta una correzione. Ma per il momento l’aspettativa di un laureato indiano a Parigi non è quella di trovare un buon posto di lavoro in Francia, se non a certe condizioni, piuttosto restrittive.
Milano si classifica 21esima tra le prime 50 , é l’unica città italiana in classifica. Nel punteggio totale la separano un solo punto da Hong Kong e Tokyo e due punti da New York (18esima). Ma il confronto tra l’Italia la Francia e altri Paesi europei è impietoso, la Francia accoglie il 12% di studenti internazionali sull’insieme degli iscritti (circa 280mila stranieri), la Germania più dell’’11%, l’Italia appena il 3,1%. Una strada in salita per il ministro Profumo che proprio oggi annuncia un piano per attrarre un grande numero di studenti stranieri in grado di competere sul mercato mondiale.
20 Febbraio 2012