Ferdinando Imposimato ha alle spalle una lunga storia da uomo delle istituzioni e servitore dello Stato. Da giudice istruttore, a cavallo degli anni 70 e 80, fu lui ad istruire alcuni tra i più importanti processi giudiziari sul terrorismo nazionale ed internazionale.
Si occupò del processo Aldo Moro, dell’attentato al Pontefice Giovanni Paolo II e dell’ omicidio del vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Vittorio Bachelet.
Omicidi eccellenti e casi giudiziari di peso politico e giudiziario.
Attualmente è Presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione, già parlamentare , alla Camera e al Senato, della Sinistra indipendente, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio di Tangentopoli.
Per tre legislature, dal 1987 al 1994 è stato membro della Commissione Antimafia e per conto della stessa si è occupato a lungo e con perizia certosina di Alta Velocità e del progetto Tav in Val Susa.
Nel 1994, da commissario parlamentare antimafia, condusse un’approfondita inchiesta sull’aggiudicazione degli appalti dell’imponente e ambiziosa opera pubblica.
“Ci attivammo come Commissione Antimafia – ricorda l’ex magistrato a Radio Manà Manà e in un’intervista al blog di Beppe Grillo – perchè l’avvio del progetto e del conseguente cantiere fu accompagnato da bombe e attentati contro le imprese che si trovavano lungo la tratta. Per questo, decidemmo di aprire un’inchiesta, perché mi resi conto che nell’opera confluiva anche la malavita organizzata, al fine di lucrare somme ingenti attraverso la moltiplicazione dei costi. E’ venuto fuori che nella Tav partecipavano politici corrotti e imprese della mafia”.
Mafia, politica, affari. E Tav.
Il costo dell’opera, come emerse da alcuni filoni dell’inchiesta di Tangentopoli, avrebbe dovuto raggiungere la somma di 300 mila miliardi. Cifra, che a detta di Imposimato, sarebbe servita a foraggiare le casse delle cosche siciliane della mafia e ricompensare il silenzio dei politici di Roma.
Agli inizi del 1990, la Tav, che assume presto i connotati di un’opera faraonica e di difficile realizzazione, si rivela un investimento che fa gola a molti. A troppi.
Il giudice Imposimato non si ferma qui nella lucida e dettagliata ricostruzione dei fatti.
Ricorda, infatti, come le connivenze e le ambizioni della malavita organizzata, acclarate e redatte nelle pagine dell’inchiesta, non furono mai discusse in Parlamento né ebbe mai, lui stesso, la possibilità di discutere i risultati dell’indagine in Commissione Antimafia.
Non esita a sottolineare come i clamorosi risultati, che misero nero su bianco, furono, nell’Aprile del 1996, tra le cause dello scioglimento del Parlamento e della fine della XII legislatura.
Il colpo di scena arriva alla fine dell’intervista, quando Imposimato non indugia a sostenere che i giudici “Falcone e Borsellino furono uccisi anche per le inchieste sugli appalti pubblici e la Tav”.
Nel 1999, il giudice napoletano, insieme a Giuseppe Pisauro e Sandro Provvisionato, pubblica il volume ‘Corruzione ad Alta Velocità – Viaggio nel Governo Invisibile’, in cui la ricostruzione dello sviluppo dell’inchiesta parlamentare e dell’agghiacciante esito sono solo l’occasione per gettare luce sulla degenerazione della classe dirigente della Seconda Repubblica, intrecciata a doppio filo con poteri economici palesi e occulti.
Le ragioni della sua contrarietà alla Tav risultano quanto mai chiare. “Se la Tav si facesse davvero– conclude Imposimato – in quella zona si riprodurrebbe la stessa situazione che io ho riscontrato insieme a diversi altri collaboratori nel centro e nel sud e nel nord dell’Italia, cioè arricchimento, tangenti, distruzione dell’ambiente e vantaggi minimi”.
La verità non ha la forza di essere assoluta, ma il dubbio, che si insinua e si trasforma in una certezza, ha la capacità di fornirne una diversa da quella sotto gli occhi dei più.