L'ItabolarioMare (chiuso)

Sono andato a vedere «Mare chiuso», il documentario di Stefano Liberti e Andrea Segre sui respingimenti al largo delle coste italiane. Persone scappate da guerre e dittature, che al termine di un’o...

Sono andato a vedere «Mare chiuso», il documentario di Stefano Liberti e Andrea Segre sui respingimenti al largo delle coste italiane. Persone scappate da guerre e dittature, che al termine di un’odissea tra l’Africa e la Libia di Gheddafi sono sul punto di raggiungere la libertà. Persone raggiunte dalle nostre navi che, anziché condurle in porto per l’identificazione le restituiscono (con l’inganno) ai militari libici.
Storie di donne e uomini che vivono una tragedia difficilmente immaginabile, ancorché conosciuta.

La forza di questo film consiste in un reperto straordinario: le immagini girate con un telefonino durante la traversata. Si vedono gli emigranti che cantano per farsi coraggio, che ridono e che piangono, e poi che esultano alla vista della nostra Marina. I militari italiani agiscono con professionalità nel soccorso, poi devono piegarsi alle nuove disposizioni (siamo nel 2009) che impongono di respingere la barca, e dalla testimonianze si comprende che i militari vanno in confusione, ricorrono alla forza e all’inganno.

Sullo stesso argomento Emanuele Crialese ha costruito il suo ultimo film, «Terraferma», descrivendo l’agitazione dei pescatori di Lampedusa di fronte all’ordine di non portare a terra le persone alla deriva tra le onde.

Pochi giorni fa Roberto Maroni, ministro dell’Interno all’epoca dei fatti e ideatore dei respingimenti recentemente condannati dalla Corte di Strasburgo, è stato sorpreso da un fuori onda a confessare la natura strumentale delle politiche leghiste in materia di immigrazione: «Su questo ci abbiamo marciato dopo che abbiamo scoperto che aumentavano i consensi». Lo andasse a spiegare a quelle persone che per colpa sua hanno perso, tra torture e stenti, due anni di vita. Lo spiegasse, che la loro sofferenza era il prezzo per un pugno di voti.

Il Mediterraneo era il «Mare nostrum». Un lago che Roma dominava prima grazie alla propria cultura e poi grazie alle sue armi. Oggi, mentre l’Europa fatica a trovare la propria identità e il suo patrimonio di valori, il Mediterraneo è un mare chiuso, dove le barriere che proviamo ad alzare non fanno che testimoniare la nostra fragilità.

Twitter: @tobiazevi

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