AsterischiItalia Germania 4-3: sono proprio passati 42 anni

Italia-Germania 4 a 3 è come un classico della letteratura, infatti la conosce anche chi non l'ha mai vista. (Vito Biolchini) Nei giorni in cui si fanno i miseri calcoli sul passaggio alla seconda...

Italia-Germania 4 a 3 è come un classico della letteratura, infatti la conosce anche chi non l’ha mai vista. (Vito Biolchini)

Nei giorni in cui si fanno i miseri calcoli sul passaggio alla seconda fase degli Europei della nostra nazionale cade a fagiolo un ricordo memorabile che è epica del calcio moderno. Il 17 giugno del 1970 si disputò allo stadio Atzeca di Città del Messico l’Italia – Germania 4-3, match che ormai si legge tutto assieme come un mantra da recitare. Forse un modo masochistico per farci sentire ancora più tristi, aspettando domani la nazionale che dovrà giocare col bilancino attaccato ai calzoncini, richiamando, preventivamente, la moralità altrui.

Certo, quelle partite non ritornano più. Era una semifinale di un mondiale, ma per tutti è ormai la “partita del secolo”, al punto che ne esiste una versione tedesca (Jahrhundertspiel) e una spagnola (Partido Del Siglo). All’Atzeca c’è ancora oggi una lapide per ricordare quell’incredibile incontro che, la storia insegna, valse più di un mondiale intero (per la cronaca in finale il Brasile batté 4 a 1 l’Italia).

Nella storia del calcio non si ricordano solo i vincitori. In un mondiale dominato dalla nazionale carioca, tutte le generazioni future avrebbero goduto delle emozioni di quel giorno consegnato all’immaginario collettivo. In realtà la partita, fino ai tempi regolamentari, era stata del tutto ordinaria. Poi saltarono gli schemi e l’agonismo puro prevalse su tutto. Al 94′ segno Gerd Müller (1-2), poi Burgnich (2-2), Riva (3-2), ancora Müller (3-3). Sessanta secondi dopo l’ultimo gol tedesco undici passaggi italiani di fila portarono Rivera a segnare il definitivo 4 a 3.

Ci sarebbe da tirare in ballo tanto, ma è una storia di sport e va solo goduta e rivista con l’immagine di Beckenbauer, che con una spalla lussata restò in campo fino alla fine, a dare la misura dell’evento.

Ma le passioni viscerali mal si accordano col senso estetico degli esperti. Gianni Brera, su Il Giorno dell’indomani della partita, ebbe a scrivere commenti poco lusinghieri.

«La gente si è tanto commossa e divertita. Noi abbiamo rischiato l’infarto, non per ischerzo, non per posa. Il calcio giocato è stato quasi tutto confuso e scadente, se dobbiamo giudicarlo sotto l’aspetto tecnico-tattico. Sotto l’aspetto agonistico, quindi anche sentimentale, una vera squisitezza, tanto è vero che i messicani non la finiscono di laudare (in quanto di calcio poco ne san masticare, pori nan).»

Tuttavia, almeno nel calcio, meglio la confusione della passione che la tristezza del calcolo, con cui, amaramente, dobbiamo fare i conti ogni giorno della nostra vita.

Rosario Battiato

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