“Se mi costringete a parlare, ve ne pentirete! Quindi trattatemi bene, altrimenti….”. Questo è il succo del messaggio che due personaggi diversissimi lanciavano sui giornali di ieri, 21 giugno. Un Luigi Lusi avviato sulla strada di Rebibbia dice che se i Pm gli faranno le domande giuste, lui risponderà come si deve; fin qui, nulla di straordinario, a qualcuno il ricatto piace caldo. A prima vista, invece, stupisce che sia una persona come Ettore Gotti Tedeschi a lanciare messaggi obliqui; estromesso dallo IOR, Istituto per le Opere di Religione- che nonostante il nome fuorviante è una banca, di proprietà del Vaticano, e dalla reputazione non specchiata- e poi sottoposto a perquisizioni dai Pm italiani egli afferma: ”Per me non è ancora venuto il momento di parlare, perché penso al dolore che darei al Santo Padre verso il quale sta crescendo la mia devozione, proprio perché so che sta soffrendo”.
Lusi, dicono tutti, era una persona per bene, uno dei tanti cattolici impegnati nel sociale, mai si lo sarebbe potuto credere capace di appropriarsi di 22 o più milioni altrui. Questa affermazione, tuttavia, fornisce un’arma devastante contro gli abnormi “rimborsi” ai partiti. Se una persona impegnata nel volontariato e prima creduta affidabile fa questo, vuol dire che la sproporzione fra i soldi pubblici incassati e il loro possibile impiego utile, nell’ambito della finalità istituzionali dei “rimborsi”, è tanto, ma tanto grande, che anche persone siffatte sono portate ad approfittarne; finendo per devolvere i pubblici denari ad usi privatissimi. Accade così che queste persone, messe sotto accusa certo con dosi robuste di ipocrisia, perdano tanto il senso delle proporzioni da arrivare a definire “infamante”, o ancora “punitiva ed afflittiva” l’imputazione mossa nei loro confronti. Ma se uno ruba 22 milioni cosa pensa di ricevere, il trattamento tappeto rosso? Sperava, forse con ottime probabilità, di farla franca. È stato, rispetto ad altri, sfortunato, ma non esiste il diritto a scamparsela sempre. Ogni tanto le cose vanno come dovrebbero andare sempre.
Il caso di Gotti Tedeschi è del tutto diverso. Qui non si annusa quel tanto di amatriciana come nel caso Lusi, quanto invece quell’acre sentore di zolfo, misto al frusciar di cardinalizie vesti e banconote, proprio da secoli degli apostolici palazzi. La frase sopra riportata, più che essere intrisa di amore filiale per il Santo Padre, suona- ad orecchie più avvezze delle nostre ad agnoscere stilum romanae curiae– se non proprio come una chiamato di correo, almeno come una estrema richiesta di aiuto, rivolta al Papa, da chi- come Gotti Tedeschi- afferma essere la sua vita in pericolo. Ho sempre creduto che i romanzi di Dan Brown fossero solo polpettoni per gonzi, ma ripensando a certi fatti, come l’efferato assassinio di Gian Mario Roveraro, mi domando se Gotti Tedeschi non abbia davvero ottime ragioni per avere paura e chiedere, in questo strano modo, aiuto.