La speranza è un rischio da correre. (Geoges Bernanos)
Il Direttore Tondelli, nell’ottimo editoriale di venerdì sera, ha trovato il giusto distacco per scriverne con tono piano. A vent’anni, da vittime privilegiate di questa condizione che ci sta togliendo, poco a poco, sogni e ambizioni, credo sia impossibile eguagliarne lo stile.
C’è troppa rabbia e amarezza, mista a stupore ed incredulità.
Infatti, all’inizio sembrava uno scherzo. Di quelli di cattivo gusto, su cui cala presto il silenzio composto e imbarazzato dell’indifferenza. Per la verità, tutti speravamo che lo fosse. C’eravamo illusi che si trattasse dell’ennesima boutade estiva da colpo di sole, per evitare che, nell’immobilismo della politica ai tempi dei tecnocrati, la noia delle cronache parlamentari vincesse sulla loro inconsistenza.
Invece, non è una barzelletta delle sue, né uno scenario futuribile. Purtroppo è sempre più tutto vero. La realtà spesso supera la fantasia e rende il presente una farsa grottesca.
Silvio Berlusconi sarà il candidato premier del Pdl alle elezioni della primavera del 2013. E’ ufficiale. L’hanno detto e l’hanno scritto.
Lui, l’asso nella manica, che il centrodestra si giocherà per non dissolversi. Per non scomparire. Lui, il nuovo che avanza, come ricorda stamane l’ex sottosegretario Daniela Santanchè, la scelta vincente, l’unico in grado di battere tutto e tutti. Lo attestano, nel caso qualche cittadino distratto avesse dimenticato le sue impareggiabili doti politiche, i notabili del Pdl, impegnati, dopo l’ufficializzazione del ritorno in campo, e scalpitanti per accaparrarsi l’intervista più lusinghiera o il commento più entusiasta.
Sembrano incontenibili, quasi sconvolti da una frenesia bacchica. Un delirio irrefrenabile in un effluvio idolatrico.
Proprio adesso che lo spread risale e oscilla, subendo le ripercussioni dell’ulteriore downgrading dell’agenzia di rating americana Moody’s, riaffiorano lampanti i segni dell’instabilità politica ed economica. Il pericolo di fallimento non sembra essere, neanche minimamente, scongiurato, e la tensione, sui mercati finanziari e nei Palazzi romani resta alta, ma di questo la classe politica non sembra preoccuparsi, già proiettata verso lo scenario delle elezioni della primavera prossima.
Come dar torto alle migliaia di giovani nauseati dal sistema di questo Paese che fuggono all’estero per non tornare?
Come biasimare gli investitori stranieri che non metteranno mai né piede né denaro fino a che questa sarà la condizione culturale, politica e sociale.
Sembra drammaticamente lontana e ingiallita quella prima pagina de La Stampa che, all’indomani della rassegnazione delle dimissioni, titolava che Berlusconi avrebbe lasciato definitivamente la politica per non ricandidarsi più.
In un paese normale, ci si chiederebbe come sia possibile che dopo vent’anni, di cui più di dieci al governo, e le gravi responsabilità, sia ancora sulla breccia.
D’altronde è un fatto che sia stato il governo Berlusconi IV, sebbene già incidesse una condizione pregressa pesantissima, a portarci all’attuale stallo politico ed economico. A lui la colpa oggettiva di aver fatto perdere al Paese credibilità e rispettabilità. A lui la responsabilità di non aver saputo avviare le riforme necessarie e promesse, ancorché disponesse della maggioranza più ampia della storia parlamentare repubblicana.
Questo per mantenere la critica sul versante politico.
Perchè oltre, ci sono il gossip, una condotta privata non morigerata, discutibili frequentazioni, i tanti processi, i conflitti d’interesse, la beneficenza e il mantenimento di faccendieri e donnine, che sommati all’incapacità politica degli ultimi vent’anni rendono tetro, e non solo più fosco, il quadro complessivo.
Una domanda di buon senso, prima di qualunque censura nel merito: perchè gli italiani dovrebbero ancora credergli? Perchè ostinarsi ancora a farsi del male? Perchè non pretendere nuove facce e nuove idee?
I risultati gli abbiamo visti e le conseguenze non ancora metabolizzate. Le colpe del mal governo degli ultimi vent’anni chissà per quanti decenni ancora le sconteremo.
Berlusconi è responsabile di non aver voluto né saputo costruire la destra moderata, che dopo la dissoluzione della Democrazia Cristiana, serviva al Paese come alternativa, di governo e di opposizione, al progressismo del centrosinistra. Concentrando e costruendo sulla propria persona la politica degli ultimi vent’anni, in un delirio di onnipotenza e di italico machismo, non ha permesso il rinnovamento di una classe dirigente logora né favorito l’entrata di nuove forze.
Così facendo, non appare strano che sia il Cavaliere sia ancora salutato dai suoi come il nuovo. Intorno a sé, mezze figure e comparse, che giocano con le correnti e con i colpi d’aria, ma che non potrebbero mai succedergli. Per non sparire, si sono votate all’unico che può farli galleggiare.
Il suo ritorno è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Per crescere e avviare un doveroso ricambio. Per buttarci alle spalle la paura di un presente senza speranza.
Come possono credere di riuscire a convincere le generazioni future, che pagano ad un prezzo carissimo le colpe di chi oggi vorrebbe salvarli?
Forse vogliono vedere se lo spread riesce a raggiungere i 10.000 punti base. E’ sicuramente così: si deve trattare di un test finanziario. Non possono crederci davvero.
Addio ricambio generazionale, addio democrazia interna, addio primarie, addio ricostruzione.
Pochi mesi per abbattere ogni aspettativa degli italiani. Giusto il tempo di organizzare un sondaggio fasto. Per il Paese, il più nefasto.
Questo suo ritorno ha il sapore amaro della derisione, una mossa impudente e poco dignitosa, una mancanza di rispetto verso la nostra generazione, umiliata e senza prospettive.
L’Italia ha una sola chance per salvarsi: un profondo ricambio culturale e morale. Solo nuove idee e nuovi volti potranno ridare a noi, giovani senza fiducia, un po’ di speranza.