LOMBARDIA NEXT STATE IN EUROPEQuesta Lombardia? Non è una Regione per famiglie

In Lombardia è ritornato in funzione, pochi giorni fa, uno strumento tipicamente medioevale: la Ruota degli Esposti. Alla clinica Mangiagalli di Milano è stato infatti abbandonato il piccolo Mario,...

In Lombardia è ritornato in funzione, pochi giorni fa, uno strumento tipicamente medioevale: la Ruota degli Esposti. Alla clinica Mangiagalli di Milano è stato infatti abbandonato il piccolo Mario, accompagnato da un corredo di tutine di ricambio, chiaro sintomo di paura dovuta alla difficoltà economica e non ripudio del neonato in sé.

Vediamo come l’essere una Regione dello Stato italiano, anziché uno Stato sovrano (al pari di Austria, Olanda, Svizzera per citarne alcuni) porta all’impoverimento generale delle giovani coppie che desiderano un figlio, o delle famiglie già formate.

Bisogna premettere che il dato di 7.198€ che ogni lombardo (in una famiglia di tre elementi, padre, madre e neonato, dobbiamo quindi moltiplicare per tre raggiungendo la cifra di 21.594€ per nucleo famigliare) versa in media allo Stato italiano, per servizi che non riceve, può da solo risolvere buona parte dei problemi. Secondo infatti uno studio Federconsumatori, nel 2012 mantenere un figlio nel suo primo anno di vita costerà da 6.350 a 13.844 €.

Particolarmente gravosi sul bilancio famigliare risultano gli alimenti dedicati al neonato, che sempre secondo lo studio costano dai 1.530 € ai 3.340 €, con una media spaventosa del +40% rispetto ai prezzi medi in Europa. Nuclei famigliari si organizzano quindi, anche in Lombardia, per creare “gruppi di acquisto” di questi prodotti da Austria o Slovenia, guardacaso nazioni completamente indipendenti, di dimensione demografica ed economica simile o inferiore a quella lombarda.

Passato il primo anno di vita del neonato, i problemi non sono finiti: secondo uno studio del Coordinamento donne CISL Lombardia, nel 2011 ben 4.473 lavoratrici hanno dovuto abbandonare il proprio posto di lavoro per accudire il nuovo arrivato. Le motivazioni principali che hanno portato le lavoratrici a dimettersi (i lavoratori uomini si possono contare sulle dita di una mano, quindi non hanno interesse statistico) sono “incompatibilità tra occupazione lavorativa e assistenza al neonato per mancato accoglimento al nido“, “elevata incidenza dei costi di assistenza al neonato (es. asilo nido o baby sitter)“, “incompatibilità tra occupazione lavorativa e assistenza al neonato per assenza parenti di supporto” (ultima ratio, quando non si possono affrontare i costi delle strutture per l’infanzia o quando i bambini non vengono accettati per mancanza di posti) ”mancata concessione del part-time/orario flessibile/modifica turni di lavoro”.

Sempre secondo lo studio Federconsumatori, la retta dell’asilo nido incide tra i 500 e i 715 € al mese (quasi quindi uno stipendio di una giovane apprendista), rendendo paradossalmente più conveniente lasciare il lavoro anziché sostenere questo costo. Questi dati comunque sono destinati a subire un deciso aumento, in quanto i tagli che lo Stato italiano ha imposto ai Comuni (in prima fila quelli lombardi, ovviamente) hanno portato all’incremento del prezzo della retta, scaricando la responsabilità e il malcontento verso i Sindaci.

Il mercato del lavoro lombardo è purtroppo imbrigliato a quello italiano, e nonostante la sua pesantezza non protegge adeguatamente le neo-mamme.

Vi è da dire che Regione Lombardia, per calmierare questo disastro, ha istituito il Fondo Nasko (totale di 10 milioni di €) a cui hanno aderito 2.400 madri, per accompagnarle economicamente in questo difficile momento.

I nuovi tagli che il Governo italiano ci impone per coprire i propri debiti, sommati ai disastri che ci crea e che abbiamo appena commentato, portano ad una sola via: l’indipendenza della Lombardia dallo Stato italiano, per il nostro presente, e per il nostro futuro.

www.prolombardia.eu

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