di GIULIANO GASPAROTTI e GUIDO FERRADINI – http://www.officinedemocratiche.it
Sotto l’albero del Natale 2012, gli italiani si ritroveranno, tra le tante cose, anche le nuove Province. Nascerà quella “del gusto”, tra Modena, Reggio e Parma oppure quella “dell’industria” tra Monza, Como, Lecco e Varese.
In Toscana, invece, come da tradizione, si continuerà a litigare, come già si sta facendo, rispolverando le mai sopite rivalità storiche tra territori, mettendo a dura prova anche il più paziente dei mediatori. Il decreto convertito in legge parla di “requisiti minimi” per l’accorpamento degli enti territoriali in oggetto, con la contestuale sostituzione per le dieci città più importanti, le Città Metropolitane. Come è noto tali requisiti sono essenzialmente due: la popolazione residente (minimo 350.000 abitanti) e l’estensione territoriale (2.500 km quadrati). Non si tiene conto delle radici storiche, della cultura, cosa che invece, in Toscana viene fatta con una proposta che è stata avanzata dagli uffici del Governatore, che ha provato ad arginare i paradossi che l’applicazione di criteri rigidamente matematici avrebbe provocato, ma ha contestualmente aperto l’ennesima tarantella sulla definizione dei capoluoghi delle novelle macrostrutture: Pisa e Siena, oltre alla città metropolitana di Firenze.
Un nuovo dramma si consuma sulle pagine dei giornali, nelle feste di partito, negli uffici pubblici: a colpi di minacce, polemiche, dimissioni. E quindi, riunioni, controriunioni, comunicati stampa. Un indecente teatrino, specchio di una politica piccola piccola, incapace di guardare oltre l’uscio di casa, buono solo a stimolare la feroce e giusta ironia dei fogli satirici più diffusi, nel totale disinteresse dei cittadini, salvo di quei pochissimi che cercano di mantenere poteri e privilegi lavorando od essendo eletti in un ente che è solo un costo per la collettività.
Come uscirne? Con un colpo d’ala, arrivando laddove neanche i tecnici del Premier Monti, sono riusciti ad arrivare date le pressioni della “palude”, la propria maggioranza parlamentare. Pochi, infatti, hanno considerato che la legge prevede i requisiti “minimi”, trascurando questo piccolo aggettivo, senza naturalmente prevedere quelli massimi. Se vogliamo sedare una discussione che non troverà alcuna composizione, che le Regioni facciano due mosse.
Creazione di una Provincia unica, soluzione transitoria, con capoluogo corrispondente a quello regionale, che in molti casi si sommerebbe alle istituende Città Metropolitane, per rispondere, come doveroso, alle sollecitazioni del Governo, e il contestuale deposito in Parlamento di un progetto di modifica costituzionale per chiedere la soppressione definitiva delle stesse Province uniche. Tutte, senza distinzione. Tagliando in questo modo oltre che le spese anche la testa al toro di polemiche e privilegi, con un gesto politico forte e di grande coraggio.