LOMBARDIA NEXT STATE IN EUROPEDemocrazia diretta e sovranità: Lombardi liberi di decidere!

La crisi, prima finanziaria, poi economica e sociale, che affligge il mondo dal 2007, negli ultimi mesi sta creando preoccupazione e sconcerto soprattutto tra i cittadini europei, a causa di molti ...

La crisi, prima finanziaria, poi economica e sociale, che affligge il mondo dal 2007, negli ultimi mesi sta creando preoccupazione e sconcerto soprattutto tra i cittadini europei, a causa di molti fattori: l’altalena degli spread, il drammatico aumento della disoccupazione, l’inasprimento delle politiche fiscali dei governi nazionali e la possibile rottura dell’area euro.
Molteplici sono le analisi che tentano di individuare le cause della crisi e le possibili vie d’uscita, ma Pro Lombardia, senza la presunzione di proporre facili soluzioni a problematiche così complesse, vuole evidenziare che i popoli europei che affermano la propria indipendenza e sovranità tramite gli istituti della democrazia diretta e partecipativa sono quelli che stanno affrontando più efficacemente le complicate sfide di questi anni.
Due esempi su tutti: Islanda e Svizzera, piccoli stati con un tessuto sociale omogeneo al loro interno.
L’Islanda e’ sempre stata un’isola felice: con i suoi 300mila abitanti ha sempre primeggiato in tutte le classifiche, dall’utilizzo delle energie rinnovabili ai diritti dei gay, dalla banda larga alla libertà di informazione.
Poi nell’autunno del 2008 la grande crisi: le tre banche nazionali private fallirono sotto il peso delle loro operazioni speculative, il capo del governo fu costretto alle dimissioni e processato per negligenza, i tassi di inflazione e disoccupazione aumentarono a dismisura e la produzione nazionale crollo’.
Le banche furono nazionalizzate, ma mentre i depositi dei cittadini islandesi furono salvaguardati con il contemporaneo blocco dei capitali verso l’estero, diversa sorte tocco’ agli investitori esteri inglesi e olandesi che avevano investito in una banca online che garantiva i rendimenti più elevati d’Europa.
Il parlamento islandese predispose due ipotesi di accordo con condizioni molto onerose per l’isola, ma con due referendum celebrati nel 2010 e nel 2011 i cittadini decisero che il governo non doveva rimborsare con modalita’ cosi’ vincolanti il debito privato estero della banca fallita: i depositi dei cittadini furono salvaguardati, quelli degli investitori esteri che avevano rischiato per ottenere alti tassi di interesse no.
Sotto la pressione dell’opinione pubblica desiderosa di evitare nuove crisi politiche e finanziarie, nel 2010 fu eletta una Assemblea Costituzionale con lo scopo di sostituire la costituzione del 1944 (anno in cui l’Islanda si separo’ unilateralmente dalla Danimarca) e il processo di riscrittura della costituzione fu talmente innovativo da attirare l’attenzione di tutto il mondo.
I dibattiti del Consiglio Costituzionale venivano trasmessi online su youtube, facebook e twitter e con la pratica del crowdsourcing i cittadini potevano intervenire direttamente nel dibattito con le loro critiche e proposte concrete.
Il risultato e’ una proposta di nuova Costituzione (ora al vaglio di una commissione parlamentare e che sarà sottoposta a referendum popolare entro ottobre 2012) che insiste su trasparenza, giustizia, lotta alla corruzione e proprietà statale perpetua delle risorse naturali: prospettive sorprendenti per una nazione che ha rischiato il collasso solo pochi anni fa!
La rinascita dell’Islanda e’ documentata da un articolo del Wall Street Journal del maggio 2012: la banca centrale islandese ha deciso la svalutazione della corona (l’Islanda ha conservato la sua sovranità monetaria non avendo aderito all’euro) e grazie ad essa sono aumentati il turismo e le esportazioni (principalmente energia e risorse naturali) .
Il PIL e’ cresciuto del 2,9% nel 2011 e, secondo le stime dell’OCSE, crescerà del 2,4% nel 2012; la disoccupazione e’scesa al 7% nel 2011 e scenderà al 6,1% nel 2012 e 5,3% nel 2013!
Non ha quasi bisogno di presentazioni la Svizzera che da anni e’ al primo posto della classifica delle economie piu’ competitive del mondo e che, soprattutto con la crisi della zona euro, può vantare un afflusso record di capitali dall’estero.
Il territorio svizzero e’ sostanzialmente privo di risorse naturali e l’economia si fonda sul settore terziario.
In un discorso del 2006 davanti alla Camera di commercio, industria e artigianato del Cantone Ticino, il Consigliere Federale Cristoph Blocher spiegava molto chiaramente le ragioni del successo dell’economia svizzera: la libertà di commercio presuppone la libertà di azione politica e la libertà politica si sostanzia nei valori del federalismo, della responsabilità individuale dei cittadini, dell’indipendenza e sovranità dello stato.
E la libertà politica non può esistere senza la democrazia diretta: “senza di essa ora la Svizzera farebbe parte dell’Unione Europea e avrebbe perso i suoi vantaggi: libertà di azione, politica monetaria indipendente, tassi di interesse bassi, imposte contenute, neutralità”.
“E’ grazie alla democrazia diretta che la Svizzera dispone di contenute aliquote fiscali perché ogni aumento fiscale deve necessariamente passare davanti al Popolo”.
“Vincere le elezioni non significa nulla perché già dal giorno dopo la politica deve confermare le proprie promesse e spiegare le proprie decisioni”.
Infatti, con 100mila firme i cittadini possono chiedere la modifica di singoli articoli o dell’intera Costituzione; il Consiglio Federale e le due Camere dibattono sul testo e possono approvarlo oppure elaborare un controprogetto: comunque il testo finale sarà sottoposto al voto popolare.
In secondo luogo, tramite ricorso al referendum il popolo svizzero si esprime sulle decisioni del parlamento: in alcuni casi le leggi sono poste automaticamente in votazione (referendum obbligatorio) , in altri e’ necessario raccogliere almeno 50mila firme di cittadini (referendum facoltativo).
Il referendum non esiste solo a livello federale, ma anche a livello cantonale e comunale, per le questioni prettamente locali.
La costituzione italiana non prevede, a livello statale, la possibilità di ricorrere ne’ a referendum propositivi (per vincolare il legislatore a emanare una legge coerente con il quesito referendario) ne’ a referendum legislativi (che introducono direttamente nell’ordinamento giuridico la proposta messa in votazione) : il solo istituto ammesso e’ il referendum abrogativo che ha lo scopo di abrogare una legge o parti di essa.
L’articolo 75 della costituzione impone ulteriori limiti al ricorso al referendum, in quanto “non e’ ammesso per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”.
A livello locale si e’ invece aperto un piccolo spiraglio di democrazia diretta a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge 265/99 e recepite dal nuovo Testo Unico degli Enti Locali approvato col decreto legislativo 267 nel 2000: i comuni hanno la facoltà di introdurre nello statuto comunale il referendum propositivo e di disciplinarne le modalità, ma da allora di segnala uno scarso utilizzo dell’istituto, ampiamente boicottato dalla classe politica.
Nel progetto di democrazia diretta di Pro Lombardia, se la Lombardia fosse uno stato indipendente, i Lombardi potrebbero esprimersi liberamente su ogni questione, sia a livello comunale che a livello federale: potrebbero giudicare iniqua l’introduzione di una nuova tassa o l’innalzamento di una aliquota; potrebbero cambiare la forma di governo dello stato; confermare o rifiutare l’adesione ai trattati internazionali (che spesso impattano in maniera determinante sulla sovranità nazionale) .
Se la Lombardia fosse stata una nazione indipendente fondata sui principi della democrazia diretta, i cittadini, e non i loro governanti, avrebbero deciso le modalità di partecipazione al processo di integrazione europea e l’EVENTUALE adesione alla moneta unica Euro (tramite ricorso a referendum, nel 2000 i cittadini danesi decisero di non aderire all’Euro e nel 2003 la stessa scelta fu compiuta dai cittadini svedesi).
Le democrazie europee più evolute prevedono la democrazia diretta e rendono partecipanti attivi i loro cittadini.
Lo stato italiano, negando la democrazia diretta e partecipativa, costringe i cittadini Lombardi a diventare spettatori passivi di decisioni assunte lontano e da istituzioni sempre più autoritarie.
La soluzione e’ una sola: indipendenza della Lombardia!

Dario Pederzani

www.prolombardia.eu

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