Nel dibattito sul Tav (scontro sarebbe più corretto come termine) i riflettori sono rimasti finora puntati sulla Val di Susa, un piccolo tassello di una rete transeuropea. Sarebbe stato sicuramente più proficuo un diverso approccio nei confronti delle realtà locali, ma ahinoi, non siamo nella Confederazione Elvetica. Spero sia evidente che le proteste siano state in gran parte alimentate, per mere questioni ideologiche, da gruppi che non hanno alcun vero interesse per la (presunta) difesa della valle in questione. Credo sia un diritto sognare, sia per la val di Susa sia per ogni angolo della valle padana, un bucolico mondo preindustriale, siccome però sono convinto che sia la casalinga di Susa sia quella di Voghera siano profondamente integrate nella società globalizzata, vorrei provare a tratteggiare, con i miei modesti mezzi, gli aspetti positivi di questa infrastruttura, in particolare da un punto di vista lombardo.
Perché credo che a Milano dovrebbe concentrarsi il dibattito: le reti sono infatti costituite da tratti (val di Susa) ma anche da nodi; definire il nodo di Milano “uno dei punti fondamentali nell’ambito del sistema ferroviario nazionale” (FS) mi pare scorretto. Annullando per un momento il sistema-italia (romano-centrico), sarebbe del tutto evidente che il nodo di Milano è il principale nodo nazionale, e uno dei principali dell’Ue.
Tra Novara e Verona si incroceranno tre corridoi (Genova-Rotterdam, Palermo-Berlino insieme al cosiddetto corridoio 5, Lisbona-Kiev): da perfetto ignorante, mi pare del tutto evidente che in mezzo a questa sorta di “Grande Milano” si prospetti una vocazione in ambito logistico, tenendo presente che la Cina preme e freme per spostare al Mediterraneo i traffici marittimi (Genova e Savona si stanno contendendo la possibilità di far attraccare navi supercontainer, mentre è in fase di ampliamento il canale di Suez.
Se a sud del Mediterraneo si consolideranno le fragili democrazie nascenti, fra Africa e Europa si assisterà a un poderoso sviluppo del traffico merci+passeggeri, con la penisola a fare da ponte e Milano con un ruolo sempre più strategico. Aggiungerei inoltre il fatto che Ikea ha di recente deciso di trasferire dalla Cina al nord Italia alcune produzioni, per poter contare sulla qualità nettamente superiore legata al posizionamento più favorevole per la distribuzione in Europa: una vocazione in ambito logistico legata quindi a una realtà produttiva di eccellenza, potrebbe tradursi in una grande opportunità per la nostra economia.
Un paese “normale”, avrebbe credo puntato da tempo su questa carta; dobbiamo invece registrare una lentezza biblica nella realizzazione delle infrastrutture a sud delle Alpi (la Lombardia da sola, con una parte del residuo fiscale di un solo anno, potrebbe finanziare l’intera tratta AV/AC est ovest, che un nord indipendente avrebbe realizzato già vent’anni fa). Sono in progetto o in fase di realizzazione nuove stazioni AV in tutte le principali città italiane firmate da archistar di fama mondiale, tranne Milano (il lifting alla Centrale, nel progetto del 2000, non prevedeva l’AV in Stazione Centrale).
Mentre a Shanghai si va al loro Malpensa in 9 minuti (treno a levitazione magnetica), da noi c’è “l’alta velocità” da godere per 43 minuti.
Insomma, per farla breve, il nodo (intermodale) di Milano dovrebbe essere al centro dell’attenzione: mentre i media ci propinano i resoconti della battaglia valsusina, nessuno che io sappia prova a dedicare un po’ di spazio e di tempo alle prospettive che interessano l’intera pianura padana e in particolare il suo centro nevralgico, già ora tra le prime 10 città Glocali del mondo.
Un caso?
Luca Pozzoni
www.prolombardia.eu