E’ facile constatare – sembra essere una prerogativa nazionale, di cui non andare fieri – come, in Italia, una certa acredine del linguaggio, una mirata arroganza verbale nascondano l’inconsistenza dei contenuti delle proposte. L’avversario di deve, prima ancora di contrastare nella sostanza – opponendogli la visione programmatica delle proprie idee – demonizzare a parole, attaccare, svilire, financo insultare. Avendo cura, quasi maniacale, di non cadere nel contenuto. Di non criticare il pensiero avversario, facendo emergere la forza persuasiva del proprio. Giammai parlare di programmi, di idee, di progetti futuri concreti, esponendone le modalità pragmatiche di realizzazione. Distoglierebbero dall’arte della delegittimazione, come unica virtù politica contemporanea.
Sembra, infatti, che i partiti, in campagna elettorale serrata da qualche mese, abbiano paura a sbandierare manifesti, a palesare ricette, a svelare armi di “risoluzione” di massa.
Si muovono melliflui e mutano posizione e idea giorno dopo giorno. Risultano vacui, ondivaghi, come flutti in un bicchiere. Lambendo una parete e ritornando a quella opposta. Accarezzando l’avversario, senza mai perdere il contatto con l’alleato.
Intanto, però, parlano senza convincere, partecipano senza entusiasmare nessuno, tentano di ridare fiducia ad elettori disillusi.
In questo contesto di vuoto pneumatico di serietà – e anche di chiarezza e nettezza – si inseriscono le dichiarazioni aspre e rancorose di Bersani contro Grillo e Di Pietro. Non è importante – o forse per alcuni, sì – chiedersi se abbia ragione o se avessero solo la funzionalità di slogan pirotecnico, al fine di far parlare di sé e dar risalto all’evento (l’inaugurazione della 1a festa nazionale democratica), che altrimenti avrebbe avuto poco spazio sulle testate d’informazione.
Non importa, dicevo, se siano condivisibili o meno, perchè ci saremmo aspettati da un Partito, che è convinto di diventare presto di governo, di sentire qualche concetto un po’ più politico che la solita arroganza inutile.
Sono fascisti. Ma non basta. Li sfida anche, come un bulletto ferito nell’orgoglio, a farsi avanti, a dirglielo in faccia.
Bollate così, e spesso riducendo ad “antipolitica”, le opposizioni e le critiche, è evidente che si cerchi, come strategia mediatico-politica, di smarcarsi dalla discettazione sulle idee politiche, sulle visioni opposte. Lo fanno apposta, allora!
E’ tornato, però, il pensiero unico, la rigida linea di partito. Echi vetero-comunisti trasudavano e s’impadronivano del Segretario.
Peccato che non rappresenti, come al solito, tutto il Partito, segnato da mille rivoli di correnti e altrettante diverse e talvolta inconciliabili convinzioni.
Saranno fascisti del web, i grillini e Di Pietro, che martellano gli internauti e gli utenti dei social networks, con i loro slogan, con il loro veemente linguaggio, che sferza e irride. Che spesso decostruisce, senza proporre alcunchè. Ma il Pd ancora non ha capito come si sta al mondo. Politico.
Ricadere nella stessa trappola “dell’arrogante e fascista insultante” (per dirla à la Bersani) era un rischio che avrebbe corso un avventizio della politica.
Perchè, per almeno una volta, il Pd non ha cercato il confronto comparativo e sincretico tra le proprie idee e quelle degli altri? Guardate, signori elettori, noi del Pd abbiamo questi progetti; vorremmo l’Italia così: queste le nostre ricette, queste le modalità pratiche di realizzazione. Queste invece quelle degli altri, che a noi non piacciono, che non riteniamo convincenti perchè, perchè, perchè……
E’ forse questo il vero male della Politica italiana? Aver concentrato l’attenzione di vent’anni, gli ultimi complessi vent’anni, sul Chi, allontanando quasi con fastidio il Perchè e il Come?
Aver fatto della Politica un’arma di pura demonizzazione dell’avversario, identificato come il Male assoluto, per mantenere nascosta la fragilità delle proposte?
E’ forse per questo che leader, vecchi e nuovi, non sono abituati alla dialettica politica e rifuggono il confronto, in quanto non abituati né preparati?
Si mettano, i lettori, nei panni di un giovane, magari ventenne, ancora più “perduto” di quella generazione di 30 e 40enni, che vedranno comunque prima la fine del tunnel. Che dovrebbe pensare di fronte a questo scempio della rappresentanza? Cosa di fronte all’impossibilità reale di ascoltare un progetto, un’idea, una proposta intorno alla quale unire e confrontarsi? Cosa di fronte all’amara consapevolezza che spazio per Noi non ce n’è, a parte frasi ipocrite e trite dichiarazioni d’intenti.
I giovani si osteggiano, le rendite di posizione acquisite si difendono e l’avversario si demonizza.
E’ questa la Politica che ci meritiamo? Aver dimenticato l’arma potente del confronto e della relazione con l’altro da sé, smantellando il confine della propria posizione, apre alla sua inconsistenza. Le parole non rimbalzano contro quelle dell’avversario, ma si disperdono nell’aria.
E i contenuti, caro Pd, dove sono? E le alleanze? Non potete tenerci sulla graticola senza un’idea, non dico chiara, ma almeno precisa del vostro futuro e di chi vi voterà. Sono anni che aspettiamo nettezza e coerenza.
Sebbene lo si critichi anche duramente, il Partito Democratico non è il partito della vecchia Nomenklatura, dei salvati che hanno ucciso i sommersi, del vuoto di idee, della incertezza programmatica, della contraddizione. Del “tafazzismo” erto a mantra.
No, è l’unico partito davvero democratico. In fondo, il destino è scritto proprio nel suo nome: quello di accogliere e ospitare tutto e il suo contrario, senza riuscire a far emergere una sintesi precisa e spendibile.
Il Pd dice di essere pronto per governare. Noi, giovani elettori, forse non ancora per votarli.