La prolungata crisi europea ha fatto passare in secondo piano le vicende economiche d’oltreoceano, e del resto gli USA sembrano avere meno problemi strutturali delle economie del vecchio mondo. Bella consolazione, verrebbe da dire, se non fosse che anche gli USA di problemi ne hanno parecchi.
Cominciando dalla finanza. Gli USA si sono illusi di poter uscire dalla crisi finanziaria spostando le perdite delle banche sul bilancio della Fed oppure sui contribuenti. Peccato che gli incentivi perversi che hanno prodotto la crisi si sono in realtà rafforzati: la finanza USA continuerà a fare soldi a palate sulle spalle del contribuente producendo in futuro altrettanta instabilità e contribuendo poco alla crescita, dato che le protezioni statali valgono più delle scelte finanziarie accorte.
Si potrebbe dire che però gli USA sono usciti dalla crisi. Ma un recupero che non ha prodotto neanche un posto di lavoro e un livello di investimenti ancora bassissimo (con un deficit al 10% non ci sono molte risorse per investire) non sono certo belle notizie, senza dimenticare che metà delle perdite delle banche sono ancora nelle casseforti della Fed. Che ne siano usciti, insomma, è più un’illusione contabile che una realtà.
Eppure le vere brutte notizie vengono dal fronte fiscale. Con un deficit del 10% e un debito che presto supererà il 100%, la traiettoria fiscale USA sembra fuori controllo. Le assurdità keynesiane sugli stimoli del resto hanno creato una montagna di debito senza stimolare per nulla l’economia reale: peccato che essendo una religione nessuno ha chiesto spiegazioni.
La maggiore crescita economica USA rispetto all’Europa è anche frutto di tasse minori, vantaggio che a questo ritmi non durerà in eterno, e comunque non c’è ragione di credere che ci sarà molta crescita nei prossimi anni, visti i problemi strutturali dell’economia mondiale.
Il lungo termine fiscale è ben più preoccupante. I costi del sistema sanitario pubblico sono cresciuti a ritmi insostenibili per anni, e con il pensionamento dei baby boomer la situazione non potrà che peggiorare per via dei costi della sicurezza sociale in aumento. Insomma: una crisi fiscale di grandissima portata è in vista, anche se non nel breve termine, a meno di pesanti aggiustamenti che nessuno sembra voler fare. Gli USA, come l’Europa, vanno verso un futuro di spesa, tasse e debito pubblici, e quindi anche di crisi fiscali.
Nonostante questi enormi problemi, gli statunitensi saranno chiamati a scegliere tra due personaggi inadeguati e anzi verosimilmente dannosi come Obama e Romney. Il primo ha già dimostrato di essere più dannoso che inadeguato, e la sua elezione del 2008, oltre che alla stupidità abissale dei repubblicani, fu dovuta alla tendenza della democrazia USA di eleggere populisti quando l’autostima degli americani è ai minimi. Obama come Roosevelt, dunque, anche se finora è stato molto meno dannoso economicamente.
Romney scalpita per diventare altrettanto dannoso, scende a compromessi con l’inguardabile destra religiosa USA, e palesemente anche nella più ottimistica delle previsioni sarà completamente inutile, dato che non affronterà minimamente i problemi strutturali dell’economia USA.
La democrazia parrebbe essere il diritto di scegliere di che morte morire: padella o brace? purtroppo negli USA come in Europa i liberali, anzi in generale le persone sensate, responsabili e lungimiranti, sono totalmente irrilevanti. Il XXI secolo sarà interessante: vedremo quel poco che resterà della globalizzazione e della prosperità e la stabilità globali senza gli USA. Preferirei rimanere col dubbio, ma, come diceva Mises, “le mie teorie spiegano, ma non fermano, il declino di una grande civiltà”.
Pietro Monsurrò
@pietrom79