Officine DemocraticheIl Pd, la legge elettorale e tre mosse per uscire (bene) dal Fortino

di GIULIANO GASPAROTTI e GUIDO FERRADINI - http://www.officinedemocratiche.it Partecipazione, risultati e responsabilità: sono queste le parole chiave attorno alle quali si può costruire una nuova...

di GIULIANO GASPAROTTI e GUIDO FERRADINI – http://www.officinedemocratiche.it

Partecipazione, risultati e responsabilità: sono queste le parole chiave attorno alle quali si può costruire una nuova politica che traghetti il Paese dalla palude in cui versa alla costruzione della III Repubblica. A cominciare da una nuova legge elettorale che, riprendendo la lucida analisi di un padre nobile del Pd come Romano Prodi, possa fondarsi su tre ineludibili pilastri: maggioritario, collegi uninominali e primarie. Fuggendo così, dalla tentazione di un triste ritorno gli anni ’80 con una legge proporzionale con preferenze.

L’attuale stallo sulla riforma elettorale, con accordi che nascono e muoiono nell’arco di poche ore, è emblematico della “capacità” di questa classe dirigente di rispondere a quei caratteri di credibilità ed affidabilità evocati tempo fa dallo stesso Presidente Napolitano. Sembra quasi che l’obbiettivo taciuto, ma sempre più evidente, sia trovare il modo di salvare il salvabile, opponendosi a qualsiasi cambiamento. Eppure solo un anno fa milioni di cittadini raccolsero le firme per un referendum che voleva cancellare, con il Porcellum, anche questo modo di fare politica senza risultati concreti e senza assunzione di responsabilità da parte di chi, per oltre vent’anni, ha calcato la scena politica.

In Toscana, terra che ha concepito il modello ispiratore dell’attuale legge elettorale nazionale, sia il Presidente Rossi che il Segretario Pd Manciulli hanno cancellato il tema dall’agenda politica. Un fiume carsico che ogni tanto riemerge a fasi alterne, nonostante, piaccia o no, è dalla Toscana che è partita la necessità di scrivere una storia nuova. Accanto a tutto ciò, non potrà cancellarsi l’esperienza del Governo Monti che ha segnato nel profondo il modo attraverso il quale coagulare consenso con rigore e serietà: non vi sarà più spazio per chi, specie tra gli apparati, pensa che le campagne elettorali si vincano con voto organizzato e clientele.

Certo, molti politici sono alla ricerca di una ennesima verginità, e sembrano accorgersi solo adesso delle disastrose conseguenze di tale modo di raccolta del consenso. Le dichiarazioni di Casini sono esemplari. Si dimentica, tuttavia, che l’imenoplastica non può essere rifatta all’infinito e sebbene molto in voga, non fa i conti con la vita quotidiana di italiani che debbono fare i conti con la ben nota crisi economica e morale, e che, quindi, necessitano di una politica totalmente rinnovata: nelle persone, nelle idee, nei metodi.

Siano i cittadini a scegliere, con le primarie e con le elezioni, i futuri premier e parlamentari, e non dirigenti di partito chiusi nelle segrete stanze. L’imbarazzante fuoco di sbarramento alla candidatura alle Primarie di Matteo Renzi è sintomatico della resistenza al cambiamento. E se affiora da un lato la pressante richiesta di Marini e D’Alema al Ministro Passera di candidarsi, condensando dubbi sul reale sostegno alla premiership di Bersani, è proprio il Segretario democratico a garantire che le Primarie si faranno.

La “ditta”, il Pd, oramai è chiaro, si salva aprendo alla partecipazione, non asserragliandosi disperatamente in un fortino che rischia di assomigliare sempre più a Little Big Horn.

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