Dire, fare, baciare, lettera, pubblicità e comunicazioneUnited colors of cosa ? Part II

Ve lo ricordate a scuola come venivano sempre definiti i grandi personaggi storici che avevano come caratteristica, tra le altre qualità, quella di avere fortissime capacità diplomatiche e politich...

Ve lo ricordate a scuola come venivano sempre definiti i grandi personaggi storici che avevano come caratteristica, tra le altre qualità, quella di avere fortissime capacità diplomatiche e politiche ? Il grande “Tessitore” si diceva per Cavour, o anche per Metternich, oppure altri personaggi che avevano la capacità, appunto, di “tessere” relazioni avvantaggiose e quindi arrivavano ai loro fini senza dover fare, come é d’abitudine ancora oggi, a schioppettate su qualche campo di battaglia.
Ecco, io pensavo che fosse una metafora, un’allegoria, un traslato che mutuasse l’immagine del saggio artigiano che sa come incrociare trama e ordito per ottenere un tessuto.
No, mi sbagliavo. I tessitori autentici, proprio gli artigiani, hanno qualità politiche e visionarie che sfuggono al resto del mondo. Mi dispiace per tassisti, barbieri e baristi che so, per certo, affermano con sicumera di possedere la propria visione del mondo e la chiave per risolvere ogni problema del globo terraqueo. Solo i magliari ce l’hanno.
E lo dimostra Benetton, che da vent’anni, tralasciando per un attimo il proprio core business, utilizza la sua potenza pubblicitaria per spiegarci la vita, la morte, l’Aids, la mafia, la guerra in Jugoslavia, la lotto contro i tumori, il razzismo, la page nel mondo, e infine, notizia fresca di ieri, anche l’angosciante problema della disoccupazione giovanile.

Da ieri, la marca veneta di maglioni (ricordiamocelo ogni tanto), ha lanciato in pompa magna la sua nuova campagna firmata, come la precedente, UNHATE.

Da restare senza fiato.

La campagna mette in mostra una derie di ritratti di disoccupati, rigorosamente under 30, di varie nazionalità, colore e, presumo, religione.
Ovviamente, ben vestiti, ben pettinati, e, va detto, tutti, senza esclusione, rigorosamente fighi. Ce ne fosse uno brutto e mal vestito.
E si ri-resta senza fiato.
Alessandro Benetton, con il cuore in mano ha dichiarato, a Londra durante la conferenza stampa di presentazione, presumo tra tartine al salmone e prosecco, che vuole essere una campagna di sensibilizzazione a favore dei giovani disoccupati.
Cosa che in se é un obiettivo lodevole. E che si vuole combattere, anche la stigmatizazione dei giovani alla ricerca di un lavoro.

Bon, certo, alla fine c’é la possibilità di vincere 5000 euro presentando un progetto artistico con finalità sociale sul sito http://unhate.benetton.com

Insomma, come lo scorso anno, di vendere maglioni non se ne parla.
Che dire ? Nulla, obiettivamente nulla.
Ho l’impressione che benetton stia arrivando alla sublimazione di un percorso comunicativo cominciato 30 anni fa. La parodia di se stessi.
Manca la forza innovativa delle prime campagne di Oliviero Toscani, che, negli anni 80 avevano un loro perché e un loro percome. Oggi, obiettivamente, fossi un giovane under 30 disoccupato mi sentirei preso per il culo da questa campagna. Che sembra veramente fatta senza nessuna reale visione della realtà, anche estetica dell’argomento trattato.

Tralaltro, giusto come chiosa finale, chissà cosa ne pensano di questa campagna le persone che qualche tempo fa sono state licenziate dalla società Autogrill, controllata dalla famiglia di magliari trevigiani. Chissà cosa ne pensano.

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