Scusate la lunga assenza ma sono stato impegnato a difendermi da quel ciclone di proporzioni bibliche che è stato Cleopatra. Ho dovuto ammucchiare sacchetti di sabbia davanti alla porta, scavare un fossato attorno al palazzo per evitare che l’acqua distruggesse l’androne, andare a salvare qualche vita umana in pericolo, rimasta in balia degli eventi catastrofici.
Nella Capitale non si parlava d’altro, sui mezzi pubblici vedevi gente combattuta: felice da un lato, perché sarebbe magari potuta uscire prima dal lavoro, ma preoccupata, perché il tifone tropicale avrebbe probabilmente raso al suolo tutta la vegetazione sul terrazzo coltivata in anni e anni di passione.
Il capo della Protezione Civile aveva ammonito tutti i romani: “Restate a casa, se potete. Là fuori sarà un inferno”.
Lavorando prevalentemente da casa ero abbastanza tranquillo: mal che vada, tiro giù le tapparelle e chi s’è visto s’è visto. Non avevo però fatto i conti con un problema fondamentale: i cani. Chi di voi possiede un cane saprà sicuramente che l’odore di cane bagnato è repellente almeno quanto quello delle uova marce o del retro del ristorante cinese in cui andavo a mangiare (e che è stato chiuso di recente dai Nas: mi manchi, compagno di tante serate). Inoltre, il piccolo Ade detesta la pioggia e ogni volta che vede anche solo qualche goccia, inizia a camminare rasente i muri prima di pretendere di tornare a casa dopo pochi secondi. “E se mentre sono fuori con loro, Cleopatra ci coglie?”.
Per evitare qualsiasi problema ho consultato tre diversi siti meteo: tutti convenivano che l’apocalisse sarebbe iniziata intorno alle 4. “Cara Cleopatra, non mi avrai: non sarò il tuo Marco (Antonio). Per sicurezza, esco con i cani alle 2.30, così se decidi di anticipare il tuo avvento non ci coglierai impreparati”.
Usciamo di casa e il sole splende in un cielo terso. Caldo secco, nessuna avvisaglia di temporale. Stiamo fuori per un po’ finché all’orizzonte non si inizia a intravedere una nuvoletta, bianca, di quelle che fanno quasi tenerezza. Ormai terrorizzato dagli avvisi emessi dalla Protezione Civile, raccolgo i cani, torno a casa e mi barrico dentro. Ho un thermos, gallette e la razione K con me. Potrebbe scatenarsi l’inferno da un momento all’altro.
Dopo due ore di attesa, mi sporgo dalla finestra: c’è ancora un pallido sole. Perplesso ma sempre convinto della bontà delle previsioni della Protezione Civile e dei meteorologi, mi autoconvinco che l’attesa è l’ennesimo diabolico trucco di Cleopatra: farci credere che tutto vada bene, attirarci fuori dalle nostre case e quindi inondarci con piogge torrenziali. Alle 6 piove per circa quattro minuti: per carità, un bello scroscio ma finisce quasi subito. Nel frattempo, i siti di previsioni del tempo cercano di tamponare la situazione sostenendo che Cleopatra “si è un po’ ridotta di intensità”. Verso le 10 di sera, piove per un’oretta, con tranquillità e senza particolare enfasi. Sembra quasi che lo stia facendo per noi, come a dire: “Va beh dai, beccatevi ‘sta pioggia”. Verso mezzanotte la tempesta perfetta è ormai un lontano ricordo. Tutti possono esultare, a parte i residenti dell’Infernetto che dovranno smantellare una diga di sacchetti di sabbia di circa 500 m di lunghezza.
Ma su con la vita, potranno farlo seguendo il ritmo di una canzone quanto mai adatta!